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I creepypasta, ovvero i racconti dell'orrore di internet e per l'internet. Slenderman è il più noto (e pericoloso) ma c'è molto di più, e SyFy sta preparando una serie ispirata al genere.

Era da mesi che organizzavano quella festa. Il 30 maggio 2014 la dodicenne Morgan E. Geyser avrebbe festeggiato il suo compleanno e, insieme all’amica Anissa, aveva invitato una loro comune amica a una festicciola in casa durante la quale l’avrebbero uccisa. Seguendo a menadito il loro piano, la vittima fu pugnalata 19 volte e abbandonata in un bosco da qualche parte nella contea di Waukesha, Wisconsin, dove fu subito soccorsa da un passante, portata in ospedale e salvata in extremis.

Alla polizia locale bastarono poche ore per risalire alle colpevoli. Nemmeno il movente fu difficile da ricostruire: bastò leggere i diari delle due ragazze per capire che c’entrava qualcosa. O meglio, qualcuno: qualcuno chiamato Slenderman.

Non è l’inizio della terza stagione di True Detective, una stagione tutta incentrata sulla caccia al misterioso Slenderman, il temibile serial killer che si serve di complici in età scolare. No, perché Slenderman non esiste. E non perché sia un’opera di fantasia uscita dalla televisione o un libro – come True Detective, appunto. Slenderman è stato inventato su internet pochi anni fa da dei ragazzini in vena che provarono a scrivere racconti dell’orrore. La storia in questione è totalmente artificiale, lontana dal tradizionale folklore che circonda l’horror e ha una chiara data di pubblicazione ufficiale, l’8 giugno 2009, il giorno in cui il genere creepypasta divenne maturo e l’era di internet ottenne il suo primo mostro su misura.

Il primissimo Slenderman realizzato da Victor Surge.

Il New Orrore
Un creepypasta è una storia dell’orrore che viene copiata-e-incollata su internet, diffondendosi online sotto diverse spoglie mantenendosi aperta, editabile, un wiki-horror che chiunque può rivedere, migliorare o peggiorare. Si tratta della versione adulta del copypasta, termine con cui si indica qualsiasi stringa di testo facilmente copia-e-incollabile: storie, testimonianze, sfoghi pubblicati su 4chan, oppure immagini, ovviamente, o combinazioni di testo e foto. I creepypasta seguono gli stessi principi dei meme, si diffondono tramite replicazione ed interpretazione; mutano di significato per aumentare il proprio raggio d’azione, diventando spesso inside joke all’interno di una comunità, cosa che contraddice la loro natura “virale” aumentandone però il potenziale di penetrazione in nicchie molto attive online. Sono racconti dell’orrore, quelli che nei film vengono raccontati in una tenda in mezzo al bosco da un teenager con una torcia puntata sulla faccia. Da buoni meme di internet, vengono riproposti in video, fumetti e videogame. Qualche giorno fa il canale statunitense SyFy ha annunciato una serie ispirata ad alcuni post pubblicati su forum creepypasta, post che saranno riscritti da autori televisivi, ultimo esempio di televisione che chiede a internet di prestargli un minimo d’attenzione. Lo show si chiamerà Channel Zero: Candle Cove – e si vi domandate cosa voglia dire, è giunta l’ora di raccontarvi una storia.

Candle Cove è un classico esempio di creepypasta: una storia dell’orrore che si diffonde su internet sfruttando i meccanismi, le prassi e le regole del medium di cui prende possesso. Il racconto, sotto forma di discussione in un forum, inizia con un utente che chiede delucidazioni su uno strano cartone animato a tema piratesco chiamato Candle Cove, che andava in onda sulle reti locali degli USA negli anni Settanta. La domanda riposa per qualche giorno sul thread finché non viene ripescata da un utente che ricorda i personaggi inquietanti dello show, e poi da un altro che recupera il nome del cattivo, Skin Taker, fin troppo brutale per una trasmissione indirizzata ai bambini. Un tale confessa di aver fatto tanti brutti sogni ispirati alla serie, incubi in cui i personaggi gridavano di terrore e di dolore, finchè non si svegliava terrorizzato. Ed ecco il cambio di ritmo creepy: alcuni commentatori ricordano quelle grida e sostengono non sia stato un sogno ma un episodio. Ed ecco il finale ghiaccia-sangue: qualche giorno dopo, a thread ormai raffreddatosi, un tale scrive di aver appena visitato la sua anziana madre, che si è ricordata di una strana cosa che lui faceva da piccolo: “Dicevi sempre di dover guardare una cosa che si chiamava Candle Cove alla televisione e ti mettevi lì davanti allo schermo non sintonizzato per mezz’ora. Avevi una tale fantasia!”.

A rendere Candle Cove un creepypasta notevole è la scelta del formato forum, in cui la narrazione segue il passo del botta e riposta dei partecipanti, con tanto di username e soggetto del thread. È così che si fa un creepypasta: non solo prendendo un racconto di paura e mettendolo su internet ma rendendolo un pezzo di internet. C’è poi un altro particolare essenziale: noi conosciamo l’autore della storia, si chiama Kris Straub, è un fumettista e ha inventato tutto. Candle Cove non è mai esistito.

L’autorialità di questi racconti è una questione complicata: in alcuni casi si tratta di opere firmate e pubblicamente riconducibili a un autore che, replicandosi in rete, diventano altro dall’originale. Shira Chess, co-autrice di Folklore, Horror Stories, and the Slender Man, ha spiegato a Prismo che è questo a rendere “complicato” lo show SyFy, visto che “i creepypasta sono essenzialmente senza autore e qui stiamo vedendo il tentativo di una grande azienda di trarre profitto dal lavoro di scrittori non riconosciuti”. Ciò nonostante, “l’appropriazione c’è sempre, da un certo punto di vista è come quando i fratelli Grimm portarono il folklore nella letteratura”. Abbiamo cominciato parlando di tentati omicidi, però: come si è potuti passare dal divertimento a dei sacrifici umani in onore di un personaggio inventato nel 2009 su un sito internet?

Una figura misteriosa, dei bambini uccisi in qualche modo, il fotografo autore dell’immagine scomparso subito dopo lo scatto, “presubilmente morto”. È così che nacque Slenderman.

Con Slenderman, il misterioso essere che ha ispirato il tentato omicidio di una bambina dando inizio a un trend agghiacciante, le cose sono andate in modo simile. Anche in questo caso conosciamo il nome dell’autore, Victor Surge, e addirittura anche il luogo di nascita: Something Awful, un noto forum che ha forgiato generazioni di utenti internet e troll. In un thread dedicato a storie paurose, Surge pubblicò un paio di foto in bianco e nero di bambini in gioco alle cui spalle si scorge una figura oblunga e scura senza volto, le mani come tentacoli. C’era anche una didascalia a spiegare il tutto:

we didn’t want to go, we didn’t want to kill them, but its persistent silence
and outstretched arms horrified and comforted us at the same time . . .
– 1983, photographer unknown, presumed dead.

Una figura misteriosa, dei bambini trovati morti, il fotografo autore dell’immagine scomparso subito dopo lo scatto, “presubilmente morto”. È così che nacque Slenderman. Le persone che uccidono – o tentano di uccidere – in suo nome lo fanno perché ispirati da un post su Something Awful. Oppure no?

La verità, il Fakelore
Tutti i mostri vengono da lontano. Sono oggetti culturali sofisticati e sedimentari, frutto di secoli (millenni?) di storie, esperienze, fantasie, incubi e tradizioni popolari – elementi distanti che si uniscono solo con il passare del tempo, entrando a far parte del folklore. Slenderman ha invece preso la scorciatoia, è un prodotto artificiale che in pochi anni si è diffuso spacciandosi per vecchio oggetto culturale, un classico esempio di quello che lo studioso Richard Dorson definì fakelore, concetto di cui Slenderman rispetta le tre regole base: a) è stato “creato volontariamente per ribadire ideologie culturali dominanti”, a differenza del folklore che “nasce naturalmente riflettendo i valori di un gruppo sociale”; b) è “immaginativo e malleabile, può cambiare significativamente di bocca in bocca”; c) si basa sui mass-media.

Se il successo di un racconto dell’orrore sta nell’ambiguità tra realtà e finzione e l’artificialità di Slenderman è così dimostrabile, com’è diventato un mostro in grado di procurare tanto terrore e shock? “Non credo che sia più pericoloso di altri personaggi dell’orrore, credo sia più potente e famoso perché senza faccia”, mi ha spiegato Shira Chess. “Un personaggio senza faccia assume le caratteristiche che l’autore vuole dargli. Così c’è chi lo usa per racconti dell’orrore, chi per storie d’amore e chi lo usa per narrare le sue paure”.

Prima i forum di settore, poi una voce su Wikipedia a fare da prova; in seguito, i video documentari che sembrano veri documentari. Il creepypasta è un'autocitazione continua e sofisticata, ed è così che è nato Slenderman.

Aperto a modifiche e riscritture libere, il creepypasta si espande, muta come un virus e nel nostro caso, Slenderman si è moltiplicato in diverse versioni dello stesso incubo, sfruttando autori diversi ma anche l’intermedialità. Dopo i forum di Something Awful comparve una pagina Wikipedia dedicata al personaggio. Ma è su YouTube che il fenomeno si è fatto mito. MarbleHornets è un canale YouTube creato da Troy Wagner e Joseph DeLag, autori di una serie il cui protagonista Jay (Wagner) cerca di capire cosa sia successo a un suo amico film-maker, Alex, che aveva lavorato per due mesi a un film, Marble Hornets, prima di fermarsi d’un tratto e ritirarsi dalla vita sociale. Per farlo, Jay visiona il suo girato pezzo per pezzo, caricandolo online. Il primo episodio della serie ha più di 3 milioni visualizzazioni.

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L'introduzione di MarbleHornets.

C’è un forte odore di Blair Witch Project ma anche la presenza di una figura slanciata e scura, che i due autori chiamano The Operator, ovvero Slenderman, che incrociamo sin dal primo episodio:

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Il primo capitolo, si vede pure Slenderman.

L’ostensione
Nonostante sia puro fakelore, Slenderman è stato interessato da un processo tipico del folklore, ovvero la ricerca della creatura nel mondo reale. L’ostensione consiste proprio nel trasferimento del mito nel nostro mondo, con la pubblicazione di disegni antichi che sembrano rappresentare la sua presenza millenaria e vaghi riferimenti ad antiche e sospette sparizioni di bambini. Marble Hornets è appunto un tentativo di ostensione, un salto meta-acrobatico il cui risultato è un nuovo racconto dell’orrore che può anche fungere da prova. In pratica gli autori di Marble Hornets ci stanno dicendo: “Slenderman esiste davvero, come dimostra questo corto che abbiamo girato”.

Lo studioso Jeffrey A. Tolbert sostiene che “l’ostensione sia l’intrusione della narrazione nella realtà” ritenendo Slenderman e Dracula fenomeni simili, classificabili come fictitious legend, termine coniato da due esperti del settore come Linda Dégh e Andrew Vázsonyi. Il nostro personaggio non è reale né realistico, né deve esserlo: a una fictitious legend basta “somigliare a qualcosa di non falso” per esistere e funzionare. L’ostensione aumenta il potenziale della narrazione, legittimando la storia agli occhi del pubblico e quasi zittendo quella vocina interiore che ci ripete: “i vampiri non esistono, stai tranquillo/a”. “La rottura della quarta parete [tra pubblico e autore] è un qualcosa di unico del genere”, dice sempre Shira Chess, perché “richiede un botta e risposta in cui i lettori/spettatori devono prendere parte alla storia per renderla più vera”. Nascono così testimonianze: “I vampiri non esistono.” “E allora perché ne ho ripreso uno con il cellulare? A che serve la verità quando si può “somigliare a qualcosa di non falso?”.

Slenderman non è né reale né fantastico, non ha bisogno di quelle categorie. Gli basta somigliare a qualcosa di non falso per esistere e funzionare.

Alla fine di questo processo una storia diventa altro: potente e sofisticata nelle sue numerose versioni, è pronta a indossare nuove vesti, com’è successo alla leggenda dei vampiri con Dracula. Nel caso di Slenderman è con un videogioco che il creepypasta si è fatto esperienza personale, indipendente dal racconto originale. Slender: The Arrival è stato prodotto dagli Blue Isle Studios nel 2013 ed è una reinterpretazione delle molte versioni di Slenderman nate online (per quanto molto simile a quella originale di Surge). Il giocatore vaga in ambienti bui e desolati con in mano una torcia. E basta. Il mostro è lì fuori da qualche parte e fa paura – non si sa nemmeno perché, anche se l’assenza di volto terrorizza. Il personaggio deve quindi scappare appena lo vede. Se gli rimane vicino per troppi secondi, muore. D’infarto, verrebbe da dire.

The Arrival illustra perfettamente il fascino morboso generato da Slenderman, la creatura senza faccia che, nella versione di Surge, non sembra nemmeno essere molesta o minacciosa, a prima vista.

I racconti creepypasta hanno “aiutato la rete a capire le proprie paure”, come scrive Will Wiles su Aeon. L’intersecazione tra l’orrore e i nuovi media ha accompagnato la diffusione di quest’ultimi, e il genere rimane un cantiere aperto. Al tempo dei videogame arcade da sala giochi, per esempio, si diffuse la leggenda metropolitana – mutata in creepypasta su internet – di Polybius, un gioco che sarebbe stato disponibile nella periferia di Portland per qualche mese, creando enormi file di giocatori ipnotizzati dal prodotto. Secondo la leggenda Polybius era uno strumento di reclutamento dell’esercito statunitense. O forse un esperimento governativo di controllo mentale. La prima ipotesi non è poi così campata in aria (oggi i soldati si addestrano anche giocando a videogame di guerra super realistici); è la seconda a iniettarsi con naturalezza nel folklore, unendosi a “testimonianze” di ragazzi che ricordano urla di donna provenire dalla macchina e giocatori in preda a crisi di tutti i tipi. Ogni tot giorni, dei men in black dalla faccia seriosa scendevano da un automobile nera ed entravano in sala giochi per raccogliere “dati” dall’esperimento.

Bisogna SEMPRE stare attenti ai Simpson.

Ora però basta con questo “internet”: scaviamo in profondità.

Nel deep web
Avrete sentito parlare del deep web, immagino. È un non-luogo esteso e non omogeneo che Studio Aperto illustrerebbe con delle grida di dolore e un montaggio ansiogeno di bambini piangenti. In realtà è tutta quella parte del world wide web non indicizzata dai motori di ricerca, ne fanno parte forum privati, database, siti protetti da password. Per accedere a quello che chiamiamo, generalizzando, deep web occorre un browser particolare, tipo TOR. Lì, da qualche parte, esiste – o forse è esistito – un videogame chiamato Sad Satan, scoperto ufficialmente da Jamie, gestore del canale YouTube Obscure Horror Corner. Sad Satan è un programmino da scaricare e avviare sul proprio computer, oltreché il creepypasta più cool del momento.

A rendere nota l’esistenza dell’incubo è stata una giornalista di Kotaku con un post in cui spiegava il mistero del “gioco” con tanto di video e immagini. Sad Satan inizia in un corridoio buio e rumoroso in cui il giocatore si deve muovere, gelato dall’incertezza e dalla paura (cfr. Slenderman: The Arrival); si sentono delle voci che man mano si deformano; il corridoio muta, quasi prende vita; si intravede una porta che si apre e dà su un altro corridoio. Per un secondo compare questa immagine:

Buongiorno a voi.

Grazie alle indagini di alcuni utenti di Reddit sull’argomento (qui il thread completo), sappiamo che la foto ritrae un principe tedesco con la sua collezione di corna pubblicata dalla rivista LIFE nel 1945.

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Inquietudine.

Il gioco continua e potete guardarlo qui sopra, mentre passiamo a ciò che rende Sad Satan incredibile, il suo utilizzo del fakelore da creepypasta per denunciare il caso di Jimmy Savile, storico volto televisivo britannico scomparso recentemente e coinvolto post-mortem in un scandalo pedofilo. Secondo quanto scoperto negli scorsi anni, Savile avrebbe fatto parte di un gruppo di persone potenti – presentatori, politici – dediti ad abusi sessuali su minori; l’allora premier Margaret Thatcher sapeva, almeno in parte, quello che stava succedendo e decise di insabbiare lo scandalo. A un certo punto, il giocatore di Sad Satan vede per qualche secondo questa foto di Savile e Thatcher, dopo aver sentito urla di bambini e altri suoni immondi.

La sigla NSPCC sta per National Society for the Prevention of Cruelty to Children.

Politica, spettacolo, DEEP WEB, satanismo, un oscuro riferimento alla teoria sul satanismo di Stairway To Heaven dei Led Zeppelin (ascoltata al contrario si sentirebbe “Sad Satan… Sad Satan…”), Sad Satan ha a mio avviso inaugurato l’epoca del manierismo creepypasta, risucchiando il suo fakelore per trasmettere un messaggio politico, la denuncia di un oscuro potere in grado di coprire persino una serie d’abusi sessuali su minori.

Sad Satan somiglia più a un caso da risolvere che a una storia dell’orrore: ancora una volta, il pubblico è parte della narrazione stessa, qualcosa che vale la pena approfondire.

Fan fiction
Il grande ruolo dato alla partecipazione del pubblico avvicina i creepypasta a un altro grande genere d’internet, la fan fiction, una sottocultura immensa in cui fan di saghe, serie tv e film scrivono racconti alternativi, ampliando l’universo dell’originale.  “Alla base di entrambi c’è una scrittura amatoriale che può spingere giovani autori a provare a scrivere trovando un proprio stile”, spiega Shira Chess. “Se vai su fanfiction.net, per esempio, troverai molte storie creepypasta”.

Questo è il gioco: ci si racconta una storia dell'orrore e, per rendere il tutto più divertente, la si ambienta proprio nella casa o nel paesino in cui ci si trova, rendendola probabile.

Quel che avviene nel sottobosco della fan fiction non intacca direttamente i personaggi originali, si sviluppa in una realtà parallela in cui Harry Potter può fare sesso con il dottor Spock (slash fiction) o muore tragicamente a 40 anni, da padre felice. La fan fiction è tutta dalla parte del pubblico, che qui può giocare con le trame e i personaggi, trasformando un racconto altrui in una storia personale. È un meccanismo simile al creepypasta e, a ben guardare, è la caratteristica principale della cultura digitale: l’appropriazione di cose altrui, il remix, il reticolo di citazioni.

Da qualche parte tra la fan fiction e il puro orrore, due ragazzine americane hanno deciso di uccidere una loro compagna per offrirla in sacrificio a un personaggio inventato ma reale, perlomeno nelle loro menti. Oltre a questo, ci sono stati altri casi simili, tra cui quello di una madre attaccata dalla figlia ossessionata da Slenderman.

Tutti i mostri vengono da lontano, abbiamo detto. Ma nessuno ha mai paura dei mostri lontani, perché la distanza genera sicurezza e sollievo. È per questo che l’ostensione fa parte del gioco – o meglio, è la sua versione non violenta a essere il gioco. Un gioco in cui si racconta una storia dell’orrore e, per rendere il tutto più divertente, la si ambienta – e, a volte, la si rende così realistica da essere reale, come nel caso delle due ragazzine – proprio nella casa o nel paesino in cui ci si trova. Con i creepypasta non è mai stato così facile farlo.

Pietro Minto
Caporedattore di Prismo, collabora con "La Lettura" del Corriere della Sera e Rolling Stone. Ha una newsletter che si chiama Link Molto Belli.

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