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Mentire con il proprio corpo, nonostante la presunta trasparenza garantita da social come Instagram e Snapchat basati sull’immagine. Anzi, grazie a loro.

Si è tanto parlato di post-verità, in contesti diversi ma sempre caratterizzati da un preoccupato sentire comune. L’Oxford Dictionary l’ha eletta parola dell’anno 2016, e il concetto di post-truth ha interessato tutti gli aspetti della nostra vita politica e sociale, da Donald Trump in giù. Non è un mistero che internet sia il più grosso dispensatore di bufale esistente, anche come logica conseguenza della sua orizzontalità democratica, buona o cattiva che sia. Internet è costituito da tantissimi contenuti, che possono essere tranquillamente pilotati verso uno stato di post-verità: non solo una notizia può essere falsa, ma anche un personaggio, un’immagine, una personalità. E cosa succede quando a essere finta è una persona? E se per “finta” non intendessimo semplicemente la sua accezione figurata più comune e dispregiativa, ma intendessimo fisicamente finta?

Chi pensa di voler intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo in virtù della propria avvenenza, oggi, non può assolutamente tralasciare la rappresentazione social. Per giungere alla fama è necessario possedere un profilo Instagram stracolmo di follower. Internet permette a ciascuno di noi di giudicare da sé, per come appare, la vita privata di una celebrità che si appresta a sfondare o già affermata, intromettendoci in una dimensione che intende imitare il privato e ne fornisce una narrazione. Il vantaggio, per un personaggio famoso, è la possibilità di farsi pubblicità attraverso post che ne dimostrino la simpatia, la normalità, la genuina bellezza, mentre quello che potenzialmente può andare a discapito della suddetta generica celebrity è l’esposizione al rischio dello scandalo, e dunque al rischio della caduta, moltiplicato esponenzialmente. Il revenge porn ne è un esempio chiarissimo, così come i vari leak di foto intime ampiamente diffusi e difficili da rimuovere una volta divenuti di dominio pubblico.

Non ci sono più grandi misteri o trame ombrose: la realtà (o la sua versione posticcia) è alla mercé di tutti coloro che abbiano la pazienza di scovarla con un po’ di metodo, scandagliando le informazioni disponibili su una data persona. Ed è di conseguenza molto semplice trovare foto e informazioni che rompano la barriera tra chi guarda e chi viene guardato.

Cosa succede quando a essere finta è una persona? E se per ‘finta’ non intendessimo semplicemente la sua accezione figurata, ma intendessimo fisicamente finta?

Quando ho visto per la prima volta Bella Hadid ho pensato che fosse di una bellezza incredibile, quasi soprannaturale. Conoscevo già sua sorella, Gigi Hadid, ma la bellezza di Bella, nomen omen, mi è sembrata veramente spiazzante. Ho fatto alcune ricerche su di lei e ho scoperto che è giovanissima e richiestissima dall’industria della moda: ha lavorato per Moschino, Fendi, Versace, Dior, Chanel e Calvin Klein. Oltre alle normali e prevedibilmente sbalorditive informazioni sulla carriera di una ragazza che è nata qualche anno dopo di me, ma ha già spiccato il volo verso un futuro promettente, grazie a quella bellissima funzione di ricerca che suggerisce video simili a quelli già visti mi è apparso un titolo che mi ha fatta sobbalzare: “Bella Hadid before and after surgery pics”.

La tipologia di video e fotogallery “before and after” è un sempreverde delle riviste di costume, avendo una funzione rassicurante e demitizzante dei personaggi in vista che fa leva sul sentimento di Schadenfreude provato nell’apprendere l’esistenza di un difetto fisico in una persona che sembrerebbe non averne. Tra tutte le donne dello spettacolo, mai avrei pensato che Bella Hadid sarebbe apparsa in un video di questo tipo. Il motivo del mio stupore non deriva dalla sorpresa che un personaggio famoso abbia fatto ricorso alla chirurgia estetica per migliorarsi, visto che non ci sarebbe assolutamente nulla di nuovo né di strano. Piuttosto, ho sentito come se Bella Hadid avesse tradito un patto non scritto secondo cui se sei una supermodella, se sei pagata milioni di dollari per fare questo lavoro, se il tuo viso appare su decine di copertine di importanti riviste, devi essere bella senza aiuti.

È un ragionamento immediato che scaturisce da una forma di competizione atavica, presente più o meno in tutti gli esseri umani, ampiamente sostenuto da una malcelata invidia di base. Instagram, propellente di questa esigenza così bassa ma così vera, pullula di pagine devote a sbugiardare ogni minimo intervento chirurgico estetico di qualsiasi donna dello spettacolo, più raramente di uomini. Eppure, Bella Hadid rimane una top model di straordinario successo, nonostante pochi anni fa avesse un naso più irregolare e una bocca meno carnosa. Il fatto che tutti noi osservatori di Bella Hadid sappiamo che quei tratti così belli e perfetti sono stati opera di un labor limae chirurgico influisce in qualche modo sulla percezione che abbiamo della bellezza umana? Non stiamo dunque accettando implicitamente una piccola bugia, una post-verità estetica? Più che di post-truth, forse dovremmo parlare di post-beauty.

Perché la bellezza può essere anche politica. Non è un caso, infatti, che il ritratto ufficiale di Melania Trump, first lady del Presidente post-truth per eccellenza, sia stato criticato per essere stato photoshoppato senza ritegno – come fosse una metafora della politica del marito.

Instagram pullula di pagine devote a sbugiardare ogni minimo intervento chirurgico estetico di qualsiasi donna dello spettacolo, più raramente di uomini.

Bella Hadid non è certamente l’unica celebrità assurta a simbolo di questa post-bellezza, in parte taciuta, in parte di dominio pubblico. Heidi Montag, protagonista di un popolare show di MTV dei primi anni ’00, ha subito una decina di interventi chirurgici in vista del suo debutto nel mondo della musica, cambiando il proprio aspetto fino a renderlo praticamente irriconoscibile. Anche il viso di Blake Lively, attrice ormai più che affermata, agli esordi della carriera era denotato da tratti molto più massicci e irregolari di oggi. Tyra Banks, top model afroamericana giunta alla fama negli anni ’90, prima di sfondare come modella aveva un volto diverso, con un naso decisamente più largo. Come lei, si dice che anche Carla Bruni abbia dato una svolta alla sua carriera grazie a un profilo molto più aggraziato di quanto concessole da madre natura.

Un altro esempio più emblematico e contemporaneo di questo fenomeno è Kylie Jenner: la sorellastra di Kim Kardashian ha radicalmente cambiato il proprio aspetto negli scorsi anni, diventando un’icona “slim thick”: pancia piatta, fianchi esageratamente larghi, gigantesco ma sodissimo sedere. Basta cercare su Google delle immagini di Kylie per rendersi conto di come questa ragazza del ’97 abbia voluto trasformare drasticamente il suo viso, diventando di fatto un’altra persona. Le sue labbra sono talmente famose da essere diventate un vero e proprio trend, dando il via ad una sfida di YouTube chiamata appunto “Kylie Jenner lip challenge” in cui ragazze da tutto il mondo utilizzano tappi, bottiglie o attrezzi concepiti appositamente per l’obiettivo, per creare un vuoto d’aria attorno alle proprie labbra, “stappare” l’oggetto e apprezzare un naturalissimo risultato di chirurgia plastica temporanea determinato dal turgore di una bocca traumatizzata.

Sarebbe banale pensare che queste pratiche bislacche siano unicamente legate ai tempi in cui viviamo, visto che corsetti per deformare il busto e altri espedienti del genere esistono da ben prima di Snapchat. La differenza, più che nelle pratica, sta nel bulimico consumo di immagini che caratterizza il nostro tempo. Una modella non è solo una modella perché appare sulle passerelle e sulle riviste di moda, ma soprattutto perché appare sui propri canali social; e questo vale anche per tutte quelle ragazze che non sono modelle nell’accezione classica del termine, ma sono piuttosto modelli di vita, modelli estetici e fonte di ispirazione per i propri follower. Chiunque abbia un contatto diretto con un pubblico, che sia televisivo o di Instagram, ha la possibilità di decidere come rappresentarsi, nel tentativo di far passare l’idea che quella immagine sia la più onesta di sé. Ci sono migliaia di profili di ragazze che svolgono a tutti gli effetti il mestiere di modella, anche se magari non hanno mai visto una passerella in vita loro: Jen Selter, dieci milioni di follower, è diventata famosa per i suoi “belfie” (butt selfie), la modella “curvy” Abigail Ratchford conta più di sette milioni di follower, Kyla Itsines, quasi sei milioni di follower, è invece un modello di fitness.

Davanti a questa proliferazione di icone e palese artificiosità, non poteva che scaturire una reazione oppositiva: la retorica del concetto di ‘body positivity’ contrappone un modello di bellezza autentico e privo di artifici.

Davanti a questa proliferazione di icone e di ispirazioni da seguire, ma soprattutto davanti a questa palese artificiosità travestita da verità, non poteva che scaturire una reazione oppositiva: alla vita e alle labbra perfette di Kylie Jenner, la retorica del concetto di “body positivity” contrappone un modello di bellezza autentico e privo di artifici. Considerato che le sostenitrici della “body positivity” si muovono sullo stesso terreno dei propri nemici, rimane da valutare quanto sia effettivamente onesto quest’altro lato della medaglia, e quanto sia legittimo spingersi all’estremo opposto legittimando stili di vita comunque discutibili. In virtù di una presunta sincerità e verità, incitano quindi le ragazze ad accettarsi “in every size and shape” e oscurano a volte problemi reali, come l’obesità, in nome del politicamente corretto.

Emily Bador, ad esempio, è una modella inglese che ha deciso di fare coming out sui propri disturbi alimentari, raccontando attraverso foto poco lusinghiere i travagli e le difficoltà nel momento in cui è ingrassata, denunciando la politica della moda e dei suoi standard irraggiungibili. Milly Smith, fondatrice del “selflove club” con un passato di anoressia, posta giornalmente immagini del suo corpo con una sequenza di prima-dopo che mostrano quanto la posa, l’abbigliamento e l’angolatura della foto siano in grado di cambiare una fotografia, attuando un vero e proprio debunking dei miti sulla bellezza. Anna Victoria, modella fitness, nelle sue foto sfoggia orgogliosamente i rotoli della sua pancia quando non è in posa, o il gonfiore in fase premestruale.

Tra queste paladine di sincerità e di naturalezza spicca il caso di Essena O’Neill, una giovanissima modella australiana di Instagram che aveva deciso di intraprendere una battaglia morale (poi abbandonata per ragioni non chiarissime) contro l’ipocrisia di questo mondo perverso e corrotto fatto di filtri e caption. Essena ha infatti riformulato tutte le didascalie delle sue foto, successivamente eliminate, svelando la realtà dietro ogni scatto con parole piene di rabbia: “THIS IS NOT REAL LIFE”, dice l’urlo metaforico della modella al di sotto di una delle tante foto che la ritraggono eterea e perfetta davanti ad un tramonto sul Pacifico. La vicenda di questa ragazza, tuttavia, ha del torbido: pare che la sua rivolta sia frutto di una strategia per reindirizzare i suoi seguaci ad un sito da lei creato (Let’s be Game Changers) con un assetto da social network, oltre a diverse dichiarazioni di web star a lei vicine che sembrano sostenere che quella di Essena sia solo un’ottima strategia di marketing.

L’esigenza di sfatare i miti sulla bellezza è dunque un’esigenza tanto quanto conoscere la verità sui fatti che accadono. Nonostante i tentativi di rompere il meccanismo sfruttando la democrazia illusoria di internet, Bella Hadid rimane una delle modelle più pagate nonché una delle donne più belle del momento, nonostante la sua faccia sia una grossa bugia.

Alice Oliveri
Nata a Catania nel 1992, vive a Roma dal 2011. Studia anglistica alla Sapienza, suona in una band e collabora con alcune riviste.

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