Ascoltiamo gli ultimi album di Roly Porter, Antico, I Cani, e la strepitosa raccolta dell'etichetta Gqom Oh!.
Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati a fine 2015 inaugurando il 2016 trascinati da ritmi ossessivi del Gqom, “il suono della rivolta e dell’apocalisse” nato in Sud Africa e rivelato al mondo proprio grazie a un’etichetta italiana (il che fa sempre piacere): è probabilmente la cosa più bella che ci capiterà quest’anno. Ma ci sono anche le fughe spaziali di Roly Porter, la musica italiana “stranamente sperimentale” del suonatore di tamburello Alfio Antico, nonché la consueta puntata nelle lande non-più-hipster (?) dell’italico indie, e per la precisione a casa dei Cani.
Roly Porter – Third Law
(Tri Angle)
Finalmente Roly Porter arriva al terzo capitolo della sua saga spaziale, e lo fa su un’etichetta paracula come Tri Angle, che si suppone gli garantirà la giusta visibilità. Rispetto agli esordi, le traversate intergalattiche si sono fatte via via più descrittive e cinematiche, di pari passo evidentemente al crescere delle sue abilità tecniche e sonore.
Non che nel 2011 del primo Aftertime i suoi “droni spaziali” fossero completamente astratti: come d’altronde ai tempi dei Vex’D (il vecchio progetto dubstep/cyberpunk condiviso col compare Kuedo), Roly ha sempre tradito una certa infatuazione per la colonna sonora sci-fi. Fatto sta che questo Third Law è degno di una sala cinematografica in 4k: certo, a volte l’uso di quei raffinati crescendo roboanti viene portato al limite (e a me Ben Frost e quella roba lì ha rotto un po’ le palle), ma gli occasionali diversivi ritmici – a volte quasi rave e mai usati a mo’ di “groove” – mantengono alta l’attenzione dello sviaggio e rappresentano una gustosa novità rispetto ai dischi precedenti.
Insomma Roly Porter mai come oggi ci porta compiutamente al largo dei bastioni di Orione, nonostante Third Law continui a essere un disco che “non esce dal tunnel Gravity” (cit. Nicola Gerundino). Decidete voi se è un bene o meno. (Marco Caizzi)
Antico – s/t
(Origine)
Alfio Antico suona il tamburello dagli anni Settanta e ha militato da turnista nella serie A della canzone italiana (De Andrè, De Piscopo, Bennato, Arbore, Dalla, Capossela e altri ancora). Da una quindicina d’anni fa uscire dischi a suo nome: è la prima volta che ne ascolto uno e sono sconvolto.
Registrato in un casale di Gangi, Colapesce listato tra i produttori, Antico è un fiorire di tappeti percussivi, spoken word dialettali ultra-sinistri, trame di groove malsano, rumori d’ambiente a tagliare, qualche strumento a corda qua e là a pennellare melodie inedite. Roba che se fosse uscita su un’etichetta sperimentale come Table of the Elements nessuno avrebbe avuto niente da ridire.
Non capita così di rado che artisti di musica tradizionale con alle spalle decenni di musica vengano riscoperti dal pubblico avant e facciano parlare di sé; forse per la capacità di certe musiche di evolversi nell’oscurità per decine d’anni, unita magari alle tendenze cicliche della musica popolare. Ma ogni volta che succede sembra una rivelazione senza precedenti, una cosa che dà un senso in sé all’ascoltare musica – che sia d’avanguardia, sperimentale, tradizionale o no. (Francesco Farabegoli)
AA.VV. – Gqom Oh! The Sound of Durban Vol. 1
(Gqom Oh!)
Che il Gqom (si pronuncia più o meno “kòm”, oppure date un’ascoltata qui) sia destinato a martellare in molti club europei per i prossimi dodici mesi è ormai fuor di dubbio. Cupo, ossessivo, ipnotico, il Gqom è comparso qualche mese fa a Durban (Sud Africa) e si è diffuso nei social grazie a una piattaforma chiamata Kasimp3.
In Italia è stato intercettato da Nan Kolè, producer e dj romano che firma la curatela di questa compilation: non c’è miglior modo per accedere a questo suono, mutazione estrema nata da un incrocio tra il kwaito e la house made in South Africa. (Simone Bertuzzi)
I Cani – Aurora
(42 Records)
Nella tensione tra il “dovremmo monetizzare questo nostro grande amore” e “la polvere che sta aspettando il mio ritorno”, la voce di Niccolò Contessa cerca la strada per raccontare l’Aurora dei suoi Cani. Terzo album, e non stiamo più parlando di “canzoni generazionali”, e non sono più racconti romani: è la strada di un essere umano, con le sue sfacciate riflessioni universali e le sue schiette seghe mentali, slanci d’amore e sbagli, le sue debolezze e la scoperta di un’umiltà che passa sopra a ogni cinismo (Calabi Yau).
Anche se l’espressione “mondo cane” ricorre più volte tra i versi, quello che resta addosso dopo queste canzoni assomiglia più a una specie di stupita, incredula, fragile serenità. Resisterà? E nonostante ogni nota sia sintetica, il risultato assomiglia davvero a una scintilla che scalda, al raggio di un’alba ancora tutta da decidere. (Enzo Baruffaldi)
La redazione di Prismo vive in una cascina nelle colline tra Busto Arsizio e Varese dove passeggia per i campi ragionando su paradossi filosofici e coltivando marijuana così potente che la puoi fumare solo in un bong costruito dentro la tua mente.