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Rompere Facebook per farci qualcosa di bello, unico e "sbagliato": le manipolazioni artistiche del social network che cercano di mostrarne l'infrastruttura al di là delle consuetudini.

Kind of Blue
Facebook rappresenta, per chi esercita una professione creativa, un potente mix di nuove opportunità, riferimenti, discussioni e serendipity. All’inizio, quando nel 2007 si è propagato anche in Italia, tutti l’abbiamo provato e io sono stato tra quelli che dopo poco si sono disiscritti, appellandosi a un grandissimo… meh. Poi, quando ho iniziato la mia carriera da web designer (era il 2009) non ho potuto fare a meno di rientrare dalla porta che avevo chiuso e ho iniziato a usare i social quotidianamente. Da quel momento sono partito per un viaggio infinito, progressivamente più impegnativo e ricco, che ha risucchiato la mia vita.

Il listone di esempi selezionati che vi propongo rende conto di come la mia esperienza su Facebook sia stata piacevolmente perturbata da tanti piccoli avvenimenti artistici che dovreste conoscere e provare anche voi. Ho incontrato artisti che dei social hanno fatto le proprie opere e li ho aggiunti ai miei contatti, anche se non li conosco di persona (i social servono a questo, no?). In questo modo ho trasformato la mia timeline in un’esposizione in tempo reale, autogestita e in continua mutazione. Oggi mi sento un po’ Johnny Mnemonic che gesticola in un mondo virtuale cercando di mettere in ordine i frammenti di una memoria infinita.

Ho incontrato artisti che dei social hanno fatto le proprie opere e li ho aggiunti ai miei contatti, trasformando la mia timeline in un’esposizione autogestita in tempo reale.

L’amicizia costa un euro
Nel settembre 2014 ho partecipato a Bruxelles a un evento particolarissimo, l’Internet Yami Ichi, che in italiano suona meglio: il mercato nero di internet. Si tratta di un flea market itinerante, inventato nel 2012 da alcuni artisti di Tokyo per vendere e scambiarsi opere d’arte internet based. A Bruxelles le varie bancarelle offrivano cookies, scroll bar giganti, stoviglie decorate coi loghi dei più malfamati browser, così come mazzi di carte (cartacei) realizzati stampando il solitario di Windows 3.0. Joubin Zargarbashi, uno degli artisti che partecipavano alla fiera, mi ha offerto un euro per firmare un accordo in cui mi impegnavo a cedere la mia amicizia a uno sconosciuto.

Carta canta, ora siete amici.

Al di là del fatto che vendere un’amicizia mi ha fatto tornare indietro di diversi anni a quando tra bambini si barattava l’amicizia con favori e oggetti dei più variegati, l’incontro con Joubin mi ha aperto la mente sugli utilizzi più laterali dello strumento Facebook, che si mescolano quotidianamente con le attività social di routine.

Sfidare il mostro blu
Thomas Cheneseau è un artista francese che utilizza esclusivamente Facebook come piattaforma per costruire le proprie opere. Sfrutta le potenzialità visive di questo social per sconvolgere la timeline dei suoi contatti. Uno dei suoi post più rivelatori è un’immagine spaventosamente alta (340 x 2.048 pixel) che, grazie a un bug di ridimensionamento di Facebook, costrinse centinaia di suoi contatti facebook a scrollare nel browser per diversi secondi al fine di liberarsene.

Due opere di Thomas Cheneseau.

Secondo Thomas, Facebook ci limita, perchè non ci permette di personalizzare il nostro profilo come vogliamo. È per questo motivo che dal momento in cui si è iscritto ha lavorato costantemente per destrutturarne il layout, cercando infiniti modi per rompere le regole visive imposte dal social nework: “È un processo di Land Art, se consideri il network come una seconda natura”, ha spiegato. “Il Bug che preferisco è del dicembre 2013, per 2 giorni fu possibile pubblicare immagini di grandi dimensioni, che venivano visualizzate a piena larghezza nel news feed. Sembrava di aver rotto Facebook.”

A pezzi.

Nel 2013, dopo che la sua pagina FACEBOOKART venne chiusa, decise di crearne una nuova invertendo un carattere della parola Facebook per impedire che i BOT di Mark Zuckerberg la individuassero. Ora la pagina si chiama Facɐbook e Thomas sta collezionando opere basate sul social network per una futura mostra. In una delle opere esposte su Gallery Online, un’altra galleria curata da Thomas Cheneseau insieme al compositore Ronen Shai, possiamo sperimentare un altro utilizzo laterale delle interfacce di Facebook.

Questo album, in cui un artista ha caricato tutti e 2000 i frame di un suo piccolo cortometraggio 3D, si trasforma in un sistema in cui per visualizzare l’animazione dobbiamo utilizzare le freccette dello slider o della tastiera.

Subj.spaces di thereisamajorprobleminaustralia.

Il browser come otturatore
Antonin Laval è un altro artista francese che seguo da diversi mesi. Mi è rimasto impresso il modo in cui nel 2014 ha trasformato un bug di Facebook in qualcosa di totalmente nuovo: mentre scrollavo la mia timeline, il cursore è finito su una delle sue Facebook Note che si è impossessata del mio mouse. Scrollando verso il basso inizio a intravedere tanti frame e capisco immediatamente di dover accelerare. In pochi attimi quel piccolo box si è trasformato in un proiettore di inizio secolo, in cui le mie dita sullo scroll fungeveano da mannovella e il browser funge da otturatore.

Laimonas Zakas, in arte GLITCHR, è famoso per aver iniziato a distruggere l’interfaccia di Facebook utilizzando i caratteri UNICODE, creando una sorta di corto circuito con il linguaggio HTML delle pagine, che gli permettono di invadere con del testo incomprensibile aree dell’interfaccia altrimenti irraggiungibili.

Opera di GLITCHR del 2012.

Inizialmente la sua idea era di esplorare i limiti del  social network arrivando a intaccare la sua struttura più nascosta, il markup. In un’intervista ha spiegato come la sua attività abbia a un certo punto attirato l’attenzione degli sviluppatori del social network, tanto da portarli a visitare una sua mostra e a proporgli di collaborare al Facebook Whitehat Program, una call to action che invita gli utenti a segnalare le vulnerabilità della piattaforma in cambio di una cospicua ricompensa.

Le nicchie

La pagina Archival Aesthetics è quartiere generale di una rete di nove gruppi creati dal designer Reese Riley per fare ricerca visiva insieme al suo team. Ognuno di questi gruppi viene creato e reso pubblico con l’obbiettivo di investigare un determinato linguaggio estetico attraverso l’archiviazione di immagini trovate sul web. Durante un periodo di un anno, ogni mese Archival Aesthetic genera un nuovo gruppo: AQUA AESTHETIC, RETAIL AESTHETIC, CORPORATE AESTHETIC e LABORATORY AESTHETIC per citarne alcuni.

Facebook in questo caso ha costituito uno strumento di studio, di collaborazione e di archiviazione per un team di persone con lo stesso obbiettivo, all’interno di un progetto a lungo termine, pensato in ottica totalmente open.

Sebastian è uno di quelli che sta sfruttando al massimo il potenziale di Facebook: racconta che le sue attività online derivano dalla volontà di creare un nuovo modo di pensare e agire, con e per la community.

Il designer tedesco Sebastian Zimmerhackl, che mi ha parlato di questo progetto, è uno dei promotori della condivisione e della collaborazione nel mondo della creatività. Grazie a lui sono nate decine di gruppi Facebook monotematici legati ad altrettanti ambiti creativi, che quotidianamente collezionano una quantità di contenuti di altissimo livello ed estremamente contemporanei.

Dal mio punto di vista persone come Sebastian e Risley stanno sfruttando al massimo il potenziale di Facebook: creano connessioni, passano tutto il giorno tutti i giorni a popolare di contenuti decine di gruppi. Sebastian racconta che le sue attività online derivano dalla volontà di creare un nuovo modo di pensare e agire, con e per la community. Nello stesso modo in cui partecipiamo a gruppi come BBQ4ALL per scambiarci consigli sul livello di cottura di una braciola, secondo Sebastian possiamo creare nuovi ambienti produttivi, in cui tutti siamo allo stesso livello e non esiste un moderatore.

Dal punto di vista di Facebook

Data Mask.

Sterling Crispin ha realizzato un lavoro spaventoso, intitolato Data Mask, partendo dai software di riconoscimento facciale. Questi software sfruttano un insieme di informazioni che, se incrociate, permettono a una macchina di individuare la stessa persona all’interno di centinaia di immagini. Replicando lo stesso algoritmo che utilizza Facebook per riconocere i nostri amici nelle foto che pubblichiamo, Sterling effettua un processo di reverse engineering, per generare dei modelli 3D di queste persone immaginarie.

Quello che vediamo sono dei volti ancora indefiniti, il cui processo di generazione viene interrotto dall’autore che blocca la modellazione a uno stadio informe e mostruoso. Queste sculture virtuali contengono quindi i tratti somatici di persone vere ma ancora non identificate, così come appaiono nell’immaginazione di Facebook.

Una mostra nella tua Facebook Cover
Silvio Lorusso studia da anni il rapporto tra tecnologie e società, con particolare interesse per tutti i nuovi strumenti di e-publishing. Silvio interpreta il suo profilo di Facebook come una pop-up gallery, in cui la sua mostra conquista la parete migliore. La performance 851×315 consiste in una collezione di immagini la cui dimensione in pixel corrisponde accidentalmente a quella della Facebook Cover.

Guardare il suo profilo in quel periodo tra il 12 settembre e il primo novembre del 2012 significava godere di una visione delle strumento Facebook tagliata su misura per l’attività artistica, e potenziata dall’interfaccia stessa. Guardando la gif animata che documenta questo lavoro mi sono divertito a spiare il numero di amici di Silvio in progressivo aumento, pensando a quanto sia curioso per un artista riuscire a quantificare con un numero il successo della propria mostra in termini di aumento dei contatti.

Il nuovo Blue Klein
“La necessità di interazione estetica tra utenti e interfacce online è nota sin dai primi studi sui social network.” #0000FF è una galleria d’arte che esiste esclusivamente su Facebook, dedicata alla “Blue Aesthetic”. Secondo il curatore Georges Jacotey, l’obbiettivo di questa Galleria è migliorare l’esperienza online di tutti i visitatori e sfidare i limiti della rete , affrontando questioni estetiche , sociali e politiche. Tra i primi artisti invitati a esporre ci sono Anthony Antonellis, Kim Asendorf, Manuel Fernández & Hugo Scibetta. Ognuno di loro ha presentato un’opera ispirata e dedita alla “Blue Aesthetic”.

Blu.

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I social network sono a tutti gli effetti dei medium, e come tali vengono sfruttati a pieno da tanti artisti e prankster del web. Lo hanno fatto i Net Artist agli albori di internet, ma anche gli utenti comuni all’esordio di siti come MySpace.  Anche Facebook, quindi, può essere oggetto di così tante reinterpretazioni e sfumature? Sì, e posso dire che conoscere questi artisti è stata un’esperienza inattesa, durante le mie passeggiate virtuali dentro Facebook. Vedere questi “errori” e queste opere mi ha costretto a riaprire gli occhi e ricominciare a vedere davvero Facebook, una sovrastruttura talmente comune e onnipresente da essere diventata pressoché invisibile.

Giorgio Mininno
Giorgio Mininno (1985) si occupa di art direction in Gummy Industries e cura il progetto Fried Eyes sulle estetiche digitali.

PRISMO è una rivista online di cultura contemporanea.
PRISMO è stata fondata ad Aprile 2015 all’interno di Alkemy Content.

 

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Caporedattori: Cesare Alemanni, Valerio Mattioli, Pietro Minto, Costanzo Colombo Reiser

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In redazione: Aligi Comandini, Matteo De Giuli, Francesco Farabegoli, Laura Spini

Assistente di redazione: Alessandra Castellazzi

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