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La fantascienza è stata davvero superata dai tempi? Il genere che per definizione guardava al futuro, ha infine esaurito la sua funzione? Scopriamo cosa ha prodotto nel XXI secolo la narrativa che già ci ha regalato Asimov, Ballard, Dick e Gibson.

Vivere in un’epoca di innovazione frenetica e in un mondo ormai profondamente connesso ha i suoi effetti collaterali, non ultimo quel senso di future shock che segue all’incapacità di decodificare gli stimoli di un ambiente in rapido mutamento. Con il presente sempre più proteso in avanti, il futuro finisce per comprimersi facendosi sempre più denso, opaco, impenetrabile: le conquiste del progresso cessano di essere naturalmente estrapolabili e diventano sempre meno prevedibili, così come le loro ricadute sociali, politiche, economiche. Tutti motivi per cui, se esiste un genere letterario adatto a raccontare i nostri tempi, quello è la cara vecchia fantascienza. E paradossalmente, tutti motivi per cui capita spesso di leggere che la fantascienza, in pieni anni 2000, sarebbe ormai morta.

Gli appassionati sanno che la storia della science fiction, fin dalla sua prima elaborazione in America sulle riviste pulp degli anni 20, si è articolata attraverso fasi consecutive, in un ciclo continuo di ondate di rinnovamento: dalla Golden Age di Asimov, Heinlein e Clarke alla fantascienza sociologica di Sheckley e Vonnegut, dalla New Wave di Ballard, Delany e LeGuin al cyberpunk di Gibson e Sterling. I passaggi non sono mai stati indolori, ma hanno sempre contribuito a un aumento della complessità e del tasso di problematicità. D’altro canto, la letteratura è sempre figlia del proprio tempo, anche – e forse soprattutto – nelle sue forme volte a scrutare in avanti, verso i possibili esiti delle contraddizioni irrisolte del presente.

Agli occhi dei non specialisti, potrebbe sembrare che le speculazioni fantascientifiche si reggano ormai su basi sempre più fragili: in un’epoca che continua a sottrarre punti di riferimento e abbattere certezze, qualsiasi tentativo di estrapolazione parrebbe condannato a collassare sulle proprie fondamenta. Si è così diffusa la sensazione che la fantascienza abbia ormai esaurito la sua funzione, finendo superata dai tempi: la velocità del progresso scientifico e tecnologico, la stagnazione della Storia nel pantano della crisi economica e della guerra al terrorismo, ne avrebbero insomma disinnescato le potenzialità, rendendola obsoleta e confinandola allo stato di mera letteratura di second’ordine.

In un’epoca che continua a sottrarre punti di riferimento e abbattere certezze, si è diffusa la sensazione che la fantascienza abbia ormai esaurito la sua funzione, finendo superata dai tempi.

In realtà, l’estrapolazione è solo uno degli attrezzi nella cassetta della science fiction, che nel corso della sua storia si è trovata a essere declinata nelle forme più diverse. Eppure la percezione esterna, viziata magari da un difetto di comprensione e da lacune di conoscenza, trova occasionalmente sponda anche tra le frange degli appassionati più nostalgici.

È a questo punto utile menzionare la testimonianza di Charlie Jane Anders, curatrice di io9 (il blog di settore più seguito al mondo), che scrive: “Credo che la fantascienza abbia ancora davanti a sé i suoi giorni migliori. Se c’è qualcosa che questo genere mi ha insegnato, è l’ottimismo per l’ingegno umano – in aggiunta alla convinzione che l’imprevisto è proprio dietro l’angolo. Non sono sola: molta gente sembra considerare la fantascienza più che mai in salute. Il che è buffo, se si pensa che la fantascienza è morta nel 2003, o forse nel 2004”.

La Anders ricorda poi come “all’epoca dei miei primi tentativi di affermarmi come scrittrice di fantascienza e fantasy, era come se ogni grande convention letteraria non potesse fare a meno di un dibattito sulla ‘morte della fantascienza’, in cui autori ed esperti avrebbero denunciato le tendenze che stavano distruggendo il genere”. Ma poi conclude: “In realtà, il processo di scrittura di All the Birds in the Sky [il suo romanzo d’esordio, n.d.a.] mi ha lasciato la convinzione che la fantascienza ha più che mai qualcosa da dire sul presente, e sul futuro. E sono fiduciosa sulla fantascienza in parte per le stesse ragioni che quelle tavole rotonde nei primi anni 2000 additavano come cause di decesso”.

Gli anni 2000 e la narrativa sci-fi
Per capire come se la passa la fantascienza negli anni 2000, occorre tornare a quello che il genere è diventato dopo la movimentata stagione cyberpunk. Negli anni 90 la corrente del decennio precedente si è aperta un varco sotterraneo e dal sottosuolo ha continuato ad alimentare il cosiddetto postcyberpunk: le ambizioni si moltiplicano, i filoni divergono e sempre più autori si fanno carico di portare avanti un discorso che dialoga con il canone storico del genere. È il momento di scrittori britannici come Iain M. Banks, Ken MacLeod, Ian McDonald, Stephen Baxter, Nicola Griffith; oppure l’australiano Greg Egan, i francesi Jean-Claude Dunyach e Ayerdhal, i canadesi Robert J. Sawyer e Peter Watts; e infine gli statunitensi Vernor Vinge, Neal Stephenson, Walter Jon Williams, Kathleen Ann Goonan…È una situazione magmatica che si protrarrà oltre il giro di boa del millennio, con nomi provenienti da ogni angolo del mondo.

Nelle parole del critico ed esperto Salvatore Proietti, la varietà di filoni oggi coltivati e la conseguente difficoltà a isolare una singola tendenza dominante possono essere lette come “il segno che la SF è diventata un campo vero e proprio, in cui nessuna semplificazione o generalizzazione è più lecita, che bisogna apprendere e conoscere nei suoi termini (come i lettori hanno sempre saputo)”. Va comunque ribadito come la fantascienza sia per sua natura un genere sfuggente, camaleontico, mutante. Una caratteristica sottolineata anche dalla sua propensione all’ibridazione con altri generi: il poliziesco, la spy story, l’horror o anche il romance. Capita così ancora oggi di imbattersi nella SF anche dove meno ce lo aspettiamo.

Titoli ascrivibili al genere continuano ad arricchire le bibliografie di nomi di prima grandezza del panorama letterario internazionale: restando agli anni 2000, pensiamo a quella detective story di ambientazione ucronica che è Il sindacato dei poliziotti yiddish di Michael Chabon, all’inquietante storia alternativa proposta da Philip Roth ne Il complotto contro l’America, alla dimensione intimista e malinconica de La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger, oppure al Chuck Palahniuk di Rabbia. Una biografia orale di Buster Casey che incrocia, tra paradossi e ambiguità, elementi derivati dal cyberpunk, dall’horror e dalla distopia per ricostruire la storia del nemico pubblico numero uno del governo americano, un ribelle situazionista con la presunta facoltà di viaggiare nel tempo.

La fantascienza è diventata un campo vero e proprio, in cui nessuna semplificazione o generalizzazione è più lecita, che bisogna apprendere e conoscere nei suoi termini.

Parallelamente, all’interno del settore, si moltiplicano le variazioni sui temi classici della distopia, del viaggio nel tempo, dell’ucronia, senza citare le innumerevoli incursioni storiche dello steampunk e delle sue varianti: clockpunk, dieselpunk, e così via. Ma soprattutto assistiamo a una rinnovata attenzione verso la frontiera scientifica: universi paralleli, universi simulati, intelligenze artificiali, nanotecnologie, biotecnologie, scienze cognitive, terraforming…Con buona pace per le cassandre.

Resta la domanda: cosa ha prodotto di degno di nota la fantascienza del nuovo secolo? Innanzitutto, va ribadito come molti tra i “vecchi maestri” siano ancora in attività, e proprio dopo il 2000 abbiano prodotto alcune delle loro opere più significative. Basti citare l’Ursula K. LeGuin di La salvezza di Aka e Paradisi perduti, gli ultimi lavori del compianto Iain M. Banks (tra cui Volgi lo sguardo al tempo), o il ritorno di un veterano della New Wave come M. John Harrison con la trilogia del Fascio Kefahuchi.

Gli ultimi anni hanno anche visto il ritorno di pionieri del cyberpunk come Paul Di Filippo (che in Un anno nella città lineare offre una riflessione inedita sulla condizione dello scrittore di fantascienza), e Bruce Sterling: nel suo caso, è quantomeno doveroso citare la novella Il chiosco, sulla prossima rivoluzione nanotech, e l’antologia Utopia pirata – I racconti di Bruno Argento, che raccoglie i racconti di ambientazione italiana scritti da quando Sterling si è trasferito a Torino.

Infine, impossibile tacere di icone postcyberpunk come Neal Stephenson, che in Anathem mette a punto un gioco di dimensioni parallele capace di destabilizzare la nostra stessa percezione della realtà, e nell’ultimo Seveneves si diverte a distruggere la Terra e a escogitare un immaginifico piano di sopravvivenza per la specie umana.

Cli-fi: la fantascienza nell’era del riscaldamento globale
Tra i “vecchi maestri”, un discorso a sé lo merita Kim Stanley Robinson, uno dei giganti sulle cui spalle si ergeranno gli scrittori del futuro. Dei suoi romanzi degli anni 2000, l’unico tradotto in Italia è Gli anni del riso e del sale, un’ucronia che traccia 700 anni di storia alternativa a partire dal 1348, quando la peste nera si abbatte sull’Europa gettando i presupposti per un diverso sviluppo del progresso scientifico. Ma in affreschi grandiosi del futuro dell’umanità come 2312 e Aurora, Robinson mette in discussione le basi stesse del nostro sistema economico-sociale: 2312 presenta una società interplanetaria fondata su un’economia pianificata, assistita da IA quantistiche; Aurora aggiorna il classico viaggio della nave generazionale verso un altro sistema stellare, illustrando i conflitti e i rischi che possono insidiare la convivenza umana in una comunità segregata in un ambiente artificiale.

Robinson elabora sistemi alternativi al capitalismo e punta in particolar modo i riflettori sull’unicità dell’habitat terrestre e sull’importanza della sua salvaguardia: nei titoli della serie della “scienza nella capitale” (tutti inediti in Italia), il tema centrale è la problematica del riscaldamento globale, affrontata dagli scienziati della National Science Foundation e dai politici e lobbisti di Washington. La trilogia, appena ripubblicata in una versione rivista e aggiornata nell’omnibus Green Earth (2015), ha anticipato quella che è stata interpretata come una delle espressioni fondanti della fantascienza degli anni 2000: la cosiddetta climate fiction, o cli-fi.

Gli anni 2000 hanno visto avvicinarsi alle tematiche cli-fi anche autori non “di genere”, come Margaret Atwood, Ian McEwan, Emily St. John Mandel e l'ormai classico Cormac McCarthy.

La cli-fi è quel filone della fantascienza che affronta gli effetti del cambiamento climatico o global warming, a cui critica e lettori stanno rivolgendo un’attenzione crescente. Da uno scenario di collasso ambientale muove per esempio Il fiume degli dei di Ian McDonald (2004), in cui il subcontinente indiano diventa nel 2047 un mosaico di stati la cui rivalità continua a inasprirsi, mentre la ricaduta del progresso scuote dalle fondamenta la società man mano che realtà aumentata, nanotecnologie, dispositivi di potenziamento e intelligenze artificiali entrano nell’uso quotidiano. Oltre al ciclo di racconti di Cyberabad Days, che completano l’affresco di questa turbolenta India futura, Ian McDonald ha continuato a esplorare le società dei paesi emergenti in Brasyl (2007) e The Dervish House (2010).

In una Thailandia devastata dal global warming Paolo Bacigalupi ambienta invece il pluripremiato La ragazza meccanica (2009), che racconta un mondo in piena crisi energetica in cui la bioingegneria è l’ultima risorsa di un’economia allo stremo. In generale, gli anni 2000 hanno visto avvicinarsi alle tematiche cli-fi anche autori non “di genere”, come la canadese Margaret Atwood con la sua acclamata trilogia di MaddAddam, e l’inglese Ian McEwan con Solar. Più giocati sui toni apocalittici della catastrofe, andrebbero ricordati Stazione undici di Emily St. John Mandel (su un mondo devastato da un’epidemia di febbre suina e il coraggioso tentativo di tenere in vita la civiltà attraverso l’arte) e l’ormai classico La strada di Cormac McCarthy.

Infine, a cavallo tra lontani echi cli-fi e New Weird (il filone che amalgama elementi horror, fantasy e fantascientifici), si distingue la trilogia Southern Reach di Jeff VanderMeer, uno dei casi letterari degli ultimi anni. La serie, composta da un trittico di brevi romanzi (Annientamento, Autorità, Accettazione) correlati tra loro e pubblicati nel 2014 a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, racconta dei tentativi di decodificare il rompicapo di una regione costiera abbandonata e reclamata dalla natura – l’Area X – che riesce a produrre effetti sconvolgenti sulla psiche umana. Memore di Tarkovskij e della “zona” dei fratelli Strugatsky, con la trilogia di Southern Reach VanderMeer ha sviluppato un’avventura onirica, densa di fascino e di mistero, i cui diritti cinematografici sono stati acquisiti dalla Paramount Pictures per un adattamento affidato ad Alex Garland.

Il nuovo British Boom: Charles Stross, China Miéville & co.
Se la cli-fi è un filone che nasce e si sviluppa compiutamente negli anni 2000, il nuovo secolo ha anche visto il consolidamento del British Boom iniziato negli anni 90. Tra gli autori britannici che più hanno segnato l’ultimo quindicennio, imprescindibile è la figura di Charles Stross: il suo capolavoro resta probabilmente Accelerando del 2005, per diversi aspetti paradigmatico della nuova fantascienza, proiettata verso il futuro e al contempo ancorata all’attualità scientifica, tecnologica, sociale e politica.

Finalista ai più importanti premi del settore e abbastanza imprevedibilmente escluso dal successo finale, Accelerando è un fix-up di nove racconti usciti sulle pagine della Asimov’s Science Fiction: attraverso una trama elaborata come un labirinto ipertestuale, Stross ci accompagna nella società umana del tardo XXI secolo, dopo che l’avvento della singolarità tecnologica ha reso l’immortalità fisica alla portata di chiunque. Nanotecnologie, intelligenze artificiali e contatti con civiltà extraterrestri tanto astruse quanto pericolose sono all’ordine del giorno per l’umanità alienata del futuro: trovate geniali si mescolano a visioni oscillanti tra l’incubo e la meraviglia, come già succedeva in L’alba del disastro (2004), che riprende lo scenario da space opera e i personaggi di Singularity Sky (2003, inedito in Italia) portando in scena semidei postumani alle prese con gli intrighi megalomani di una futura fazione nazistoide dell’umanità.

Nei suoi romanzi, Charles Stross riesce a coniugare con un ritmo forsennato teorie di frontiera, cultura pop e stravaganze assortite, in una celebrazione infaticabile delle migliori potenzialità del genere. Senza timori reverenziali si è confrontato per esempio con l’opera di mostri sacri come Isaac Asimov e Poul Anderson in Palinsesto (2009), personale rilettura della sicurezza dei viaggi nel tempo in un assalto frontale alle convenzioni sci-fi, in cui il protagonista è un agente temporale incaricato “del sacro dovere di salvaguardare la nostra specie dalla tripla minaccia dell’estinzione, dell’obsolescenza trascendente e di un cosmo destinato a sfaldarsi nell’oscurità”. E se Universo distorto (2007) è una delle sue scorribande più speculative, il ciclo della Lavanderia (un’agenzia speciale del governo britannico istituita per contrastare minacce sovrannaturali alla sicurezza nazionale) è un classico pastiche letterario in salsa New Weird.

Charles Stross ci accompagna nella società umana del tardo XXI secolo, dove nanotecnologie, intelligenze artificiali e contatti con civiltà extraterrestri sono all’ordine del giorno.

Del New Weird una delle firme di punta è senza dubbio China Miéville. L’autore inglese ha rimodellato i confini del fantastico fin dai primi lavori, tra cui spicca l’imponente trilogia del Bas-Lag inaugurata da Perdido Street Station (2000), e questa componente emerge anche nei lavori la cui continuità con la fantascienza è più netta: in La città e la città del 2009, Besźel e Ul Qoma sono due città gemelle che convivono sovrapposte, unite e separate allo stesso tempo, intersecate nello stesso spazio. Tra Dick, Chandler e Kafka – per citare il Los Angeles Times – Miéville imbastisce una sofisticata riflessione sull’integrazione, le disparità sociali e i meccanismi di preservazione dei privilegi: socialista convinto, Miéville è anche tra i fondatori della rivista di politica radicale Salvage. In Italia invece, l’editore Fanucci ha annunciato entro l’anno l’uscita del suo Embassytown (2011), un tour de force narrativo in cui la città che dà il titolo al romanzo è abitata dagli Host, alieni la cui lingua, richiedendo l’uso di due bocche, è impossibile da articolare per gli umani, che per questo avviano la programmazione genetica dei cosiddetti ambasciatori.

Nella città islamica di El Iskandryia, crocevia di spie e contrabbandieri, si ambienta invece il trittico Pashazade (2001), Effendi (2002) e Felaheen (2003), in corso di pubblicazione per Zona 42, prima opera di rilevo di Jon Courtenay Grimwood ambientata in un futuro prossimo ucronico ad alta concentrazione tecnologica, in cui le due guerre mondiali non sono mai state combattute. Con Richard K. Morgan passiamo invece dai bassifondi dell’impero ottomano del futuro a quelli remoti di Harlan’s World: l’autore riscrive con sensibilità cyberpunk la tradizione dei detective hard boiled nella sua serie di Kovacs, composta da Bay City (2002), Angeli spezzati (2004) e Il ritorno delle furie (2005), in cui in una galassia colonizzata dall’umanità grazie alla tecnologia aliena rinvenuta nel sottosuolo marziano, la coscienza è un flusso di pura informazione che può essere trasmesso attraverso gli abissi siderali per essere riversato a destinazione in un corpo a noleggio.

Pensare il futuro
Il canadese (ma trapiantato a Londra) Cory Doctorow è blogger, coeditore del celeberrimo boingboing.net e attivista; sostenitore della Electronic Frontier Foundation, è diventato negli anni una figura cardine nell’odierno dibattito sui diritti digitali: non stupisce quindi che nel suo Little Brother (2008) abbia realizzato un piccolo manuale di resistenza civile per le nuove generazioni, in un’epoca segnata dalla smaterializzazione dei fronti di guerra. Richiamandosi fin dal titolo a George Orwell e rinnovando la tradizione distopica della fantascienza, Doctorow punta il dito contro chi si crede legittimato dalle circostanze ad abusare del potere che gli è stato conferito. Sono passate diverse generazioni dal Winston Smith di 1984, ma il giovane protagonista di questo romanzo young adult (che non a caso si fa chiamare “w1n5t0n” finché la sua identità elettronica non viene bruciata) ne sarebbe un degno erede: ha imparato che la conoscenza è il vero segreto del potere, e la sua padronanza della tecnologia lo aiuta ad avere la meglio sugli ottusi tirapiedi di un governo spietato, ormai sul punto di degenerare in stato di polizia.

Il lavoro di denuncia di Doctorow si ricollega alla stagione della contestazione e al movimento per i diritti civili degli anni 60, ed è proseguito poi in Homeland del 2013: se avete un figlio di 13 anni e non sapete cosa fargli leggere, probabilmente questi due sono i titoli giusti da cui partire per esplorare la nuova fantascienza. Giocato su un registro più cupo, ma molto simile per ispirazione, è il romanzo breve La verità (2008) di Robert Reed: una spy story che ci porta avanti di qualche anno nel futuro, dove il mondo intero sta soccombendo sotto i colpi del terrore, quando un terrorista proveniente dal futuro viene catturato mentre prepara un attentato al cuore dell’America. Il futuro da incubo che si prospetta per l’umanità è già scritto o può ancora essere scongiurato?

L'intelligenza artificiale è diventata un campo minato per chi volesse cimentarsi con il tema per antonomasia del cyberpunk, da Neuromante in poi.

Già collaboratore di Doctorow è Karl Schroeder, altro autore impegnato nel campo dei  future studies. Pur essendo attivo già dagli anni 90, è approdato al romanzo nel 2000 con Ventus, seguito nel 2005 dal prequel Lady of Mazes, e fin dagli esordi è fuori discussione l’inventiva radicale che coniuga al gusto per l’avventura e alla speculazione tecnologica. Intelligenza artificiale, colonizzazione spaziale, realtà aumentata e nanotecnologie sono gli ingredienti della sua ricetta. Altrettanto ricchi di idee sono anche Permanence (2002) e la serie di Virga, a cui appartengono Il Sole dei soli (2006) e La regina del Sole (2007).

In generale, l’intelligenza artificiale è diventata invece un campo minato per gli scrittori che volessero cimentarsi con il tema per antonomasia del cyberpunk, da Neuromante in poi. Forse per prudenza, in molti si sono limitati ad affrontarlo assumendo un punto di vista laterale e distante, spesso relegando le IA sullo sfondo delle loro storie, ma gli anni 2000 sembrano inaugurare una nuova stagione di sfrontata ed entusiasta esplorazione del tema.

Greg Egan, nel suo romanzo breve del 2002 Singleton (incluso nell’antologia Lo scudo di Marte pubblicata da Urania), racconta la storia di Helen, la prima IA costruita su un processore quantistico che, svincolata dalla natura probabilistica della realtà, potrebbe essere l’unico essere al mondo provvisto di libero arbitrio: un paradosso che si troveranno a dirimere i suoi “genitori” umani. L’americano Ted Chiang  non è mai stato particolarmente prolifico, ma i suoi 14 racconti hanno vinto tutto quello che c’era da vincere nel settore e hanno contribuito a ridefinire le potenzialità del genere, meritandogli l’ammirazione di critici e lettori. Il ciclo di vita degli oggetti software (2010), pubblicato in Italia da Delos Books, risente a sua volta dell’influsso di Egan e imbastisce una parabola sulla nascita e sulla crescita di un gruppo di esseri artificiali che, sviluppati come animali domestici virtuali, diventano gradualmente delle individualità, modificando conseguentemente l’esperienza degli operatori umani che hanno intorno.

La World SF
L’affermazione al premio Hugo del 2015 di  The Three-Body Problem, romanzo dello scrittore cinese Liu Cixin, ha dimostrato in maniera eclatante come la fantascienza anni 2000 si sia definitivamente aperta a un orizzonte globale, consacrando una tendenza – la cosiddetta World SFpriva di vincoli di origine, anche se spesso scritta in inglese anche da autori di provenienza non anglofona. In effetti, a far conoscere The Three-Body Problem al pubblico occidentale è stata la traduzione dell’americano (ma di origine asiatiche) Ken Liu, a cui tra l’altro si deve la fulminante novella L’uomo che mise fine alla Storia (2011), su un’indagine storica condotta attraverso una tecnologia rivoluzionaria che consente di assistere agli eventi del passato senza possibilità di replica; Ken Liu stesso ha recentemente esordito nel romanzo con The Grace of Kings, che inaugura un filone che l’autore ha definito silkpunk, una sorta di “variante cinese” dello steampunk.

Venendo al Liu Cixin di The Three-Body Problem, di nuovo Ken Liu ha recentemente avuto modo di commentare quanto il romanzo sia “una storia sul mistero dell’universo, (…) l’idea che il futuro sia nelle stelle, non su questo pianeta, e non in qualche futuro ‘aggiornato’ dove siamo semplicemente schemi incorporei di una macchina”.

Le peculiarità della World SF sono condensate nella figura di Aliette de Bodard: l’autrice franco-vietnamita si è fatta conoscere nel 2012 col racconto Immersione, un piccolo gioiello che apre uno spiraglio sul suo universo letterario, in cui l’America è stata scoperta dai cinesi e l’Impero Xuya ha condiviso il ruolo di superpotenza egemone con il grande Messico degli Aztechi, mentre intorno a loro gravitano gli attori secondari della scena politica globale: Dai Viet, Maya, Impero Inca… e Stati Uniti.

Onnipresente nella narrativa della franco-vietnamita Aliette de Bodard è la riflessione sugli effetti culturali della colonizzazione e le logiche di controllo dei sistemi oppressivi.

Immersione è un racconto che parla di emarginazione e alterità, ambientato in una società galattica dai forti connotati postumani, in cui anche le intelligenze artificiali partecipano al suo carattere di radicale straniamento. Onnipresente nella narrativa della de Bodard è la riflessione sugli effetti culturali della colonizzazione e le logiche di controllo dei sistemi oppressivi. Altre opere ambientate nello stesso universo sono i racconti Le stelle che ci aspettano, Due sorelle in esilio, La creatrice di astronavi, tutti reperibili in e-book per Delos Books, come pure il romanzo breve Stazione rossa (2012), su una stazione spaziale postumana che si trova al centro di un’emergenza umanitaria causata da una guerra, proprio mentre l’intelligenza artificiale che la guida è impegnata nella sua ultima battaglia contro una malattia degenerativa.

Altri autori da citare sono l’israeliano Lavie Tidhar, con le sue ucronie più o meno velate, da Osama (2011) a The Violent Century (2013) a Wolf (2014); il finlandese Hannu Rajaniemi, autore di una saga postumana dal gusto barocco incentrata sul personaggio di Jean le Flambeur, formata da The Quantum Thief (2010), The Fractal Prince (2012), The Causal Angel (2014); e la sudafricana Lauren Beukes, che ha esordito nel 2008 con Moxyland – un romanzo cyberpunk ambientato a Cape Town – per proseguire nel 2010 con l’hard boiled a forti tinte weird di Zoo City e arrivare quindi al fortunato The Shining Girls (2013), romanzo su un serial killer capace di viaggiare nel tempo. In generale, la fantascienza africana sta vivendo un momento di grande vivacità e meriterebbe un’analisi molto più approfondita, anche a partire dalle sue radici afrofuturiste.

Ritorno ai classici: la space opera del nuovo millennio
Quando pensiamo alla fantascienza, prima o poi non possiamo fare a meno di interrogarci sull’ultima frontiera, che fin dagli albori del genere è sempre quella che attende l’umanità là fuori, al di là delle fredde e buie distese di spazio vuoto e privo di vita. Ma almeno a partire dagli anni 60, la frontiera esterna risente della complessità dell’inner space teorizzato da Ballard e dagli altri autori della New Wave: la space opera è così diventata un congegno narrativo per far detonare su scala interplanetaria le contraddizioni della nostra società, mettendo in luce le restrizioni e la mancanza di prospettiva implicita nella nostra visione antropocentrica dell’universo.

A partire dal 2000, il gallese Alastair Reynolds propone la propria personale rivisitazione dei topoi del filone con la serie dello spazio della rivelazione: un affresco vertiginoso che si compone ad oggi di cinque romanzi, Rivelazione (in due volumi), Redemption Ark, Absolution Gap (tutti tradotti da Urania) e i fuori serie Chasm City e Il prefetto, e di un certo numero di romanzi brevi e racconti intermedi, tra cui ricordiamo almeno Glaciale, La guglia di sangue e I giorni di Turchese. Nel Revelation Space coesistono fazioni umane e sfuggenti civiltà aliene, mentre una guerra fredda di proporzioni interstellari si consuma dietro le quinte e la minaccia di annichilamenti planetari e genocidi è mascherata dai flussi del commercio interstellare e silenziata dalle distanze siderali che separano gli avamposti umani. Malgrado l’avanzatissimo livello di progresso tecnologico raggiunto dalle sue società future, Reynolds dipinge implacabilmente le insidie della corruzione e dei conflitti umani che minano anche i più nobili degli intenti.

James S. A. Corey è lo pseudonimo dietro cui agisce la coppia formata da Daniel Abraham e Ty Franck, che dal 2011 hanno avviato una stretta collaborazione pubblicando con cadenza annuale i volumi di una serie che si è da subito guadagnata l’affetto dei lettori nonché la produzione, da parte del canale SyFy, di una serie televisiva di dieci episodi, già rinnovata per una seconda stagione. The Expanse ci trasporta in un sistema solare colonizzato dall’umanità ma attraversato da continue tensioni tra le principali organizzazioni politiche in campo: le Nazioni Unite, il governo di Marte e l’Alleanza dei Pianeti Esterni. Lo sviluppo della storia conduce alla scoperta di un sistema di trasporto basato sui wormhole che consentirà agli umani di colonizzare anche altri sistemi stellari, aumentando la complessità dello scenario e le occasioni di contrasto.

L'Impero Radchai di Ann Leckie è incentrato sulla definizione di umanità e di individuo, in un lontano futuro in cui la distinzione fra intelligenza organica e artificiale è sempre più labile.

John Scalzi, dal 2010 presidente di Science Fiction and Fantasy Writers of America, si è costruito una solida fama attraverso i romanzi della serie di fantascienza militare Old Man’s War: il romanzo omonimo del 2005 e il suo seguito del 2006 (pubblicati in Italia da Gargoyle rispettivamente come Morire per vivere e Le brigate fantasma), seguono le imprese dei soldati reclutati nelle forze di difesa coloniale in guerra contro la razza Consu, in un’ideale continuità con i classici del genere Fanteria dello spazio e Guerra eterna. Nel 2015 Scalzi ha sottoscritto con l’editore Tor un accordo da 3,4 milioni di dollari per 13 libri in dieci anni, il contratto più ricco di cui si abbia notizia per un autore di fantascienza.

Rifacendosi ai classici scenari della space opera, Ann Leckie ha offerto una proposta audace – anche sul piano stilistico e linguistico – nel worldbuilding del suo Impero Radchai, un autentico tour de force incentrato sulla definizione di umanità e di individuo, sulle molteplici forme di oppressione e strategie di omologazione, ambientato in un lontano futuro in cui la distinzione fra intelligenza organica e artificiale si è fatta sempre più labile. La serie dell’Impero Radchai, che si compone per il momento di tre titoli – il pluripremiato Ancillary Justice. La vendetta di Breq (2013) e i seguiti Ancillary Sword. La stazione di Athoek (2014) e Ancillary Mercy (2015) – non esita a mostrare l’inconsistenza dei pregiudizi umani, specie in relazione alla definizione convenzionale dei ruoli di genere, e gli effetti anche psicologici delle dinamiche di colonizzazione. Infine, una scommessa per il futuro è il giovanissimo Tom Toner, che appena ventisettenne si è fatto notare al suo esordio per Gollancz con la space opera di The Promise of Child (2015).

Futuro: istruzioni per l’uso
Per orientarvi negli sconfinati orizzonti della fantascienza contemporanea, le collane da tenere d’occhio sono quelle storiche: Urania di Mondadori (e le sue sorelle: Millemondi e Jumbo), ogni mese in edicola dal lontano 1952, e Odissea Fantascienza di Delos Books (a cui si accompagna anche un notevole catalogo elettronico, con le collane Robotica e Biblioteca di un Sole lontano). A queste si sono aggiunti negli ultimi anni altri piccoli editori che fanno della passione e della competenza i loro punti di forza: basti citare Zona 42 e Future Fiction. Senza dimenticare gli editori che continuano a pubblicare fantascienza fuori collana, da Fanucci a Gargoyle.

E se quello che desiderate è una lista di titoli, per calarvi subito nella lettura della fantascienza degli anni 2000, eccovi serviti con una selezione dei titoli citati nell’articolo:

– Pashazade di Jon Courtenay Grimwood (Pashazade, 2001, trad. Chiara Reali, Zona 42, 2014)
– Redemption Ark di Alastair Reynolds (Redemption Ark, 2002, trad. Alessandro Vezzoli, Urania, 2014)
– La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger (The Time Traveler’s Wife, 2003, trad. Katia Bagnoli, Mondadori, 2009)
– Una biografia orale di Buster Casey di Chuck Palahniuk (Rant: An Oral Biography of Buster Casey, 2007, trad. Matteo Colombo, Mondadori, 2007)
– Il sindacato dei poliziotti yiddish di Michael Chabon (The Yiddish Policemen’s Union, 2007, trad. Matteo Colombo, Rizzoli, 2007)
– Little Brother di Cory Doctorow (Little Brother, 2008, trad. Francesco Graziosi, ultima edizione Multiplayer.it, 2015)
– La città e la città di China Mieville (The City & the City, 2009, trad. Maurizio Nati, Fanucci, 2011)
– Palinsesto di Charles Stross (Palimpsest, 2009, trad. Salvatore Proietti, Delos Books, 2010)
– Stazione rossa di Aliette De Bodard (2012, On a Red Station, Drifting, trad. Marco Crosa, Delos Books, 2013)
– Stazione undici di Emily St. John Mandel (Station Eleven, 2014, trad. Milena Zemira Ciccimarra, Bompiani, 2015)
– Trilogia dell’Area X: Annientamento, Autorità, Accettazione di Jeff VanderMeer (Annihilation, Authority, Acceptance, 2014, trad. Cristiana Mennella, Einaudi, 2015)
– Mono no Aware e altre storie di Ken Liu (trad. Francesco Verso, Future Fiction, 2015)

Per concludere: quelli sopra elencati sono solo alcuni dei titoli da cui non possiamo prescindere se vogliamo sforzarci di scrutare nelle nebbie del futuro, alla ricerca delle chiavi per interpretare le molteplici cause di complessità del tempo in rapido cambiamento in cui viviamo. In fondo, intere correnti di pensiero – transumanesimo su tutte – si specchiano naturalmente nella fantascienza per attingere idee ed elaborare quelli che potremmo chiamare “esperimenti mentali”; e gli scrittori più ambiziosi ingaggiano di continuo sfide con i dilemmi morali che nascono dal confronto quotidiano con un mondo che cambia.

Forse proprio in questi anni stiamo assistendo, sulla scala ridotta di un semplice genere letterario, agli effetti di un ritorno accelerato di stimoli e idee, attraverso lo scambio continuo con il mondo là fuori. Forse la fantascienza stessa è diventata, negli anni 2000, un modello in piccolo della singolarità che ci attende.

Giovanni De Matteo
Giovanni De Matteo è uno degli iniziatori del connettivismo. Collabora con Fantascienza.com, Robot e Quaderni d'Altri Tempi e cura con Salvatore Proietti il webmagazine Next-Station.org. Ha co-curato l'antologia Next-Stream: oltre il confine dei generi e il suo ultimo romanzo è Corpi spenti (Urania Mondadori). Il suo blog è holonomikon.wordpress.com.

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