Cosa succede quando si sentono suoni che altri non percepiscono? Partiamo da una storia personale per arrivare a The Hum, un misterioso ronzio percepito dal 2% della popolazione mondiale.
Fra tutte le frasi che possono aprire delle porte nella vita, ce ne sono alcune che hanno il potere di spalancarti al massimo quelle della clinica psichiatrica: “Dottore, cos’è quel suono che sento quando mi danno fastidio gli occhi?” appartiene a questa categoria, per esempio.
Da che ho memoria, percepisco con frequenza aleatoria, senza un minimo comune denominatore esperienziale che me ne lasci decriptare origine o rilevanza, un rumore di “carta calpestata o fusa profonde”, come ho imparato a definirlo nel corso degli anni. Ma, nello specifico (disclaimer: ciò che sto per dire risulterà incredibilmente stupido), mi sono accorta per la prima volta di questo roboante tuono o ronzio che mi saturava le orecchie durante un anonimo pomeriggio di una decina di anni fa, mentre guardavo Hypercube alla tv; lì per lì ho presunto che qualcosa, nell’inquadratura della faccia di Grace Lynn Kung, mi stesse fortemente ed inspiegabilmente turbando. L’angolazione, o la prospettiva, o la radice del naso troppo poco pronunciata che durante quella particolare scena lasciava intravvedere entrambi gli occhi nonostante fosse quasi di profilo, non saprei: all’improvviso mi sono sentita invadere da questa ondata di un sentimento che potrei descrivere come “fastidio” (in assenza di un termine più qualificato e in grado di individuare l’esatto punto colpito sulla superficie del mio spettro emozionale), manifestatosi poi a livello somatico tramite un’immersione del mio udito in un mare di rumore bianco, o qualcosa del genere. Un evento puntuale e spiazzante, di origine totalmente non identificabile e quindi destinato a manifestarsi con imprevedibile costanza nella mia vita nelle più disparate occasioni, da lì in poi. O meglio, forse anche prima, ma a mia totale insaputa.
Chiaramente a quel punto ho iniziato a captare il Suono del Fastidio (da qui in avanti, SdF) in continuazione, anche se mi sembrava si manifestasse prevalentemente in seguito a degli stimoli visivi: in presenza di luci abbaglianti o di lampade al neon indecise e sfarfallanti, tipiche di supermercati e discount; oppure incappando in alcune classiche schifezze online stile rotten.com; o ancora, in occasione di stimoli tattili dolorosi ed infine, molto più semplicemente, in momenti del tutto random, che minano definitivamente qualunque mio tentativo di ricondurre la cosa ad un’origine di natura prettamente visiva.
Il suono del fastidio si stava rivelando totalmente innocuo, per quanto fastidioso, tanto da averlo classificato come una reazione universale di cui mi ero finalmente resa conscia.
Ho anche evitato di parlarne con genitori, amici e conoscenti perché, davvero, non avrei saputo come spiegarglielo – e nemmeno che cosa spiegar loro. Il fatto è che il SdF si stava rivelando totalmente innocuo, per quanto fastidioso, tanto da averlo classificato come una reazione universale di cui mi ero finalmente resa conscia. Del resto anche il momento della prima manifestazione con Hypercube è del tutto ricostruito a posteriori e, come ogni memoria riesumata a fatica e su esortazione altrui, totalmente inaffidabile.
L’anomalia emerge solo nel 2012 in occasione di una visita oculistica, durante la quale, per l’appunto, rivolgo al dottore la domanda: “Ha presente il rumore che fanno i nervi ottici quando si restringono per il fastidio?”, e quello che ricevo in risposta è uno sguardo a metà strada fra la pena e lo sconforto. In pratica mi ero persuasa che si trattasse di una reazione fisiologica di “chiusura” dei nervi ottici, i quali, nell’atto di restringersi per contrastare la fonte del fastidio visivo (luminoso o contenutistico che fosse), coinvolgevano necessariamente timpani e compagnia bella. (Del resto, perché no? Stanno tutti nella stessa zona, mi sembrava plausibile e addirittura ovvio.)
Cerco di stringere: questa rivelazione permette agli specialisti di intravvedere una qualche punta di iceberg e si converte in anni di trattamenti sperimentali volti a svelarne le dimensioni effettive, e dopo una marea di esami, analisi e diagnosi incorrette (dall’emicrania con aura all’epilessia, passando per psicosi e fenomeni di sinestesia), questo ed altri sintomi vengono riuniti sotto l’egida della dicitura “disturbi dell’affettività”, che è un modo carino per dire che non ho niente e per cercare di scucirmi un quantitativo di denaro superiore alla mia capacità finanziaria tramite anni di percorsi psicoterapeutici infruttuosi.
The Hum è un misterioso brusio che pare affliggere i sistemi uditivi di pochi selezionati individui al mondo, i quali ne lamentano l'invadente oppressività senza, per ora, riuscire a trovare sollievo né spiegazioni.
Poi, qualche giorno fa finisco, passando di link in link, su un articolo del New Republic che parla di The Hum. Si tratta di un misterioso brusio che pare affliggere i sistemi uditivi di pochi selezionati individui al mondo, i quali ne lamentano l’invadente oppressività senza, per ora, riuscire a trovare sollievo né spiegazioni. Un po’ perché le caratteristiche del mio disturbo finora esposte rientrano in molti dei parametri che mi qualificherebbero come hummer, e un po’ perché sono estremamente influenzabile, mi sono istantaneamente convinta di essere una di loro.
Il motore di un auto che non se ne vuole andare
Secondo Wikipedia, l’Hum è “un fenomeno, o un insieme di fenomeni, che si basa su un ampio sistema di notizie, il quale riferisce l’esistenza di un ronzio, o brontolio, o mugolio a bassa frequenza, persistente ed invasivo, non accessibile all’udito di tutti. Gli Hums sono stati largamente riportati dai media nazionali in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Australia”. Stando ad uno dei due risultati in italiano che ho trovato nel sito di Panorama tramite Google, “solo il 2% delle persone riesce a percepirlo.” Non vorrei inquietarvi, ma è la stessa percentuale di popolazione mondiale che sparisce nel nulla all’inizio di The Leftovers. Meditiamo.
Per dare un’idea di quanto il fenomeno venga preso sul serio, vale forse la pena riportare il giudizio dell’unico utente che, dal 2013, si sia premurato di commentare il sopraccitato articolo di Panorama:
Eppure le segnalazioni di attività dell’Hum hanno cominciato a diffondersi nel mondo sin dal XX secolo. I pochi testimoni (per lo più anziani di età compresa tra i 55 e i 70 anni) parlano di un rumore inspiegabile, simile a quello che si potrebbe diffondere se un vicino avesse inavvertitamente lasciato la sua auto accesa, col motore al minimo, dopo averla posteggiata sotto casa; si manifesta principalmente in orario notturno, per lo più in ambiente domestico, togliendo il sonno e la pace agli abitanti di una determinata area geografica. Talvolta il fenomeno è talmente localizzato da dare origine a denominazioni precise: ricordiamo tra gli altri l’Hum di Taos e quello di Bristol.
Nel primo caso, verificatosi nel Nuovo Messico verso la fine degli anni ’70, dopo diverse insistenze da parte della popolazione locale è stata istituita una commissione di ricerca, capitanata da un team di ricercatori della University of New Mexico e portata avanti in collaborazione con degli scienziati di Los Alamos, Sandia National Laboratories e Phillips Air Force Research Laboratory. L’indagine, compiutasi tra il 1993 ed il 1994, ha avuto vita breve, dato che la totale assenza di risultati rilevanti ha comportato il totale ritiro dei finanziamenti governativi ed il conseguente scioglimento del gruppo di ricerca.
A Bristol, l’Hum si è verificato per la prima volta nello stesso periodo (anni ’70), costringendo la popolazione ad interrogarsi sulla provenienza del ronzio, inizialmente attribuita dagli esperti a non meglio specificate motivazioni di natura meccanica ed industriale o ad un poco probabile fenomeno di tinnito collettivo senza prove di sorta, lasciando del tutto insoddisfatta la sete di risposte degli abitanti, ritrovatisi peraltro a fare di nuovo i conti con l’Hum all’inizio di quest’anno. Solo nel 2015 alcuni scienziati francesi si sono presentati con una spiegazione che tirerebbe in ballo “l’effetto delle onde continue che causano una vibrazione del fondo oceanico.” A questo proposito, Fabrice Ardhuin del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi sostiene trionfante: “Abbiamo fatto un grosso passo nel giustificare questo segnale misterioso, la sua origine ed il suo meccanismo.”
In assenza di ulteriori informazioni utili, si continuano a colpevolizzare alternatamente macchinari industriali, il traffico stradale, fenomeni naturali come il vento ed il sopraccitato tinnito, che è la spiegazione più utilizzata anche in generale.
Perché dunque si continuano a cercare le origini di un mistero già apparentemente risolto? Il motivo è che la questione del fondo oceanico non è in grado di restituire dati realistici in merito alla temporaneità dell’Hum, il cui effetto viene percepito per un determinato lasso di tempo in momenti distanti tra loro e senza un sistema di coordinate che ne rintracci la cadenza in maniera prevedibile. Di conseguenza, in assenza di ulteriori informazioni utili, si continuano a colpevolizzare alternatamente macchinari industriali, il traffico stradale, fenomeni naturali come il vento ed il sopraccitato tinnito, che è la spiegazione più utilizzata anche in generale, nel caso in cui ci si trovi a fronteggiare un tipo di rumore non oggettivamente misurabile. In particolare è Chris Borak, della Ion Acoustics di Bristol, a sostenere quest’ultima tesi, riportando dei dati di laboratorio che dimostrano come non sia possibile prevedere che tipo di individuo potrebbe essere disturbato da un rumore del tutto trascurabile per il resto della popolazione. Un esperimento di questo genere inoltre dimostrerebbe che non tutti sono naturalmente inclini ad identificare l’Hum e spiegherebbe perché solo una minima percentuale di persone lo trovi fastidioso al punto da restarne ossessionata.
Dal 1970 ad oggi, in altre città della Gran Bretagna (Hythe, Leeds, Largs, Durham, Manchester) si sono registrate lamentele sull’Hum, oggi espresse anche tramite l’utilizzo di forum e social network come Facebook (dove potete trovare una pagina chiamata Low Frequency Hum Sufferers preposta alla discussione di notizie e congetture, nonché a manifestazioni di solidale vicinanza tra hum sufferers in cerca di conforto).
Per ora l’unico caso di cui si è venuti a capo pare essere quello di Kokomo, Indiana, dove l’origine dell’Hum è stata individuata in una turbina collegata ad un compressore posizionata in un sito industriale, anche se dopo lo spegnimento pare che alcuni abitanti abbiano continuato a percepire il rumore. Non sono altrettanto fortunati gli abitanti di Windsor, Ontario, che ormai dal 2011 vivono apparentemente senza tregua dal ronzio, e hanno richiesto l’intervento delle autorità affinché pongano fine alla tortura, per ora senza successo. Il caso di Hum più recente, invece, risale a qualche giorno fa ed è stato riportato nella zona di Plymouth, nei pressi della costa meridionale dell’Inghilterra.
Ampliando la rosa delle teorie, possiamo includere anche insinuazioni sulle radiazioni elettromagnetiche a bassa frequenza, che risulterebbero udibili solo da parte di alcuni individui particolarmente sensibili e in grado di superare i confini della gamma di suoni normalmente percepibili dall’orecchio umano. In generale, va sottolineato il fatto che le persone affette dal problema che si sono finora sottoposte a controlli e test non hanno manifestato alcuna anomalia né patologia particolare.
Tra le altre plausibili cause sono stati tirati in ballo anche i classici UFO, i sempreverdi esperimenti militari ed i mai dimenticati ectoplasmi, ma, per dirla con le parole di David Baguley, capo del reparto di audiologia presso l’ospedale di Addenbrooke (UK), l’Hum “è stato un mistero per 40 anni, quindi potrebbe tranquillamente rimanere tale per almeno altrettanto tempo.”

In questi anni di ricerche piuttosto vaghe e per lo più deludenti, c’è chi non ha ancora perso la curiosità e la voglia di svelare le dinamiche che governano questo fenomeno, tanto che è possibile rintracciare online più di qualche sito ad esso dedicato; tra questi, è opportuno segnalare il World Hum Map and Database, istituito nel 2012 dal Dr. Glen MacPherson della University of British Columbia, che consente non solo di indicare liberamente le zone in cui l’Hum viene percepito, in modo da realizzare un sistema aggiornato in grado di restituire le dimensioni del fenomeno a livello mondiale, ma anche di riportare eventuali esperienze personali tramite la compilazione di un apposito questionario.
Tuttavia non si riscontra, per ora, l’esistenza di una letteratura particolarmente ampia o soddisfacente sull’argomento, quanto meno a livello scientifico; trattandosi di un fenomeno totalmente soggettivo, e pertanto non misurabile, le fonti di conoscenza principali si basano sull’aneddotica legata al fenomeno. Ad ogni modo, nel corso dell’ultimo decennio l’Hum è stato oggetto di intense ricerche, specialmente da parte di alcuni studiosi come il Chris Barnes di Bangor (UK) e il Tom Moir della Massey University di Auckland (NZ). Le ricerche sviluppate e le ipotesi avanzate da questi ultimi sono tra le più interessanti e specifiche in materia: Barnes sostiene, con il supporto di prove empiriche, che chi percepisce l’Hum sia un soggetto dotato di una sensibilità dell’orecchio destro particolarmente incline alla sollecitazione infrasonica. I suoi esperimenti hanno dimostrato che soggetti esposti a radio frequenze superiori ai 30 Mhz sarebbero destinati ad aumentare la propria predisposizione alla percezione di infrasuoni, e conseguentemente dell’Hum. Di conseguenza il rapido moltiplicarsi di infrastrutture che generano rumore a bassa frequenza e responsabili di inquinamento elettromagnetico potrebbero essere la base del progressivo aumento di hummers nel mondo. Chi fosse curioso di scoprire cosa si prova a percepire l’Hum può accedere ad un file, creato dal Prof. Moir ed approvato da una selezionata comunità di hummers, che ne simula l’effetto acustico.
Ora come ora, l’Hum rimane in bilico su quel sottile confine che divide un fatto scientifico da un’illusione di massa; certo è che ben poco conta l’opinione scettica degli esperti, di fronte a delle conseguenze fin troppo reali che affliggono la, seppur esigua, percentuale di popolazione sensibile.
In conclusione, credo dunque di essere affetta da un inspiegabile caso di Hum? Credo proprio di no; il file mp3 che ricostruisce il brusio mi risulta totalmente familiare ed è simile a quello che percepisco io, ma, a differenza degli hummers, non vi sono sottoposta ininterrottamente per mesi. Inoltre mi capita spesso e volentieri anche fuori casa, notte o dì che sia, ed indipendentemente dal contesto geografico.
Però mi sento particolarmente qualificata a comprendere cosa passa per la testa di chi si ritrova a percepire un rumore inspiegabile e, quel che è peggio, incomunicabile a chi non lo stia esperendo a sua volta.
We are the 2%.
Marta Muschietti. Grafica, illustratrice, membro del collettivo Super Squalo Terrore. Vive a Treviso e questo (https://www.behance.net/martamuschiata) è il suo sito.