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Con Infomercial, Adult Swim ha rivoluzionato un genere piegandolo a un umorismo inedito: dagli inizi timidi al successo di Too Many Cooks.

Adult Swim è una rete televisiva statunitense nata da una costola di Cartoon Network. Nei fatti, Adult Swim comincia dove Cartoon Network finisce. Mi piace pensarlo come lo yin del suo yang, l’Hyde del suo Jekyll, l’Arnold Schwarzenegger del suo Danny DeVito. Per tutta la serata, fino al mattino presto, Cartoon Network abbandona la sfera dedicata ai bambini e si trasforma nel “liberi tutti” della comicità, e offre una programmazione fatta di surrealtà, violenza improvvisa, sketch esilaranti e quasi inspiegabili in maniera logica.

Niente male, per ciò che fino a metà degli anni Novanta era un palinsesto occupato da repliche dei cartoni di Hanna e Barbera e Braccio di ferro.

Oggi, il quartier generale di Adult Swim si trova in una ex-fabbrica di tappeti a nord di Atlanta, a quattordici corsie autostradali di distanza dal suo network madre. Al 50%, il palinsesto della rete è composto dall’avanguardia dell’animazione per adulti (Robot Chicken, Home Movies, la recente serie-capolavoro Rick & Morty, un sacco di anime) e, per l’altro 50%, da serie folli in live action che ti lasciano fisso davanti alla tv, a bocca aperta, a riflettere sull’esistenza o, più frequentemente, a chiederti “???” (Tim and Eric)

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All kids out of the pool for adult swim.

C’è una componente dell’umorismo surreale di Adult Swim che è difficile spiegare a parole. Va a situarsi negli spazi tra una premessa concisa (per esempio: “Una sitcom anni Ottanta si trasforma in un incubo”) e la serie di variazioni che si inseriscono nella trama (per esempio: “I nomi dei membri del cast iniziano ad assumere un’anatomia umana”). Si basa sull’eccesso, ma anche su una miscela di astratto e mondano. Basta dare un’occhiata ai promo originali della rete: cosa c’è da ridere in un gruppo di anziani che nuotano? A pensarci bene, niente. Eppure, nel montaggio di signori attempati in piscina c’è un elemento talmente poco familiare, talmente estraneo, che la reazione istintiva è ridere, o scapparsene in un’altra stanza.

La cifra stilistica non è mai troppo distante dalla controparte diurna, Cartoon Network: nei cartoni animati destinati a un pubblico più giovane, la linea tra “simpatici siparietti per tutte le età” e le già citate surrealtà e violenza è più sottile di quanto si pensi. Quindi, è un passo più che logico per Adult Swim raccoglierne il testimone e portare questi elementi al loro inevitabile estremo (con un po’ più di parolacce, un po’ più di abuso di sostanze e un po’ più di depressione).

Nell’arena della morte dei palinsesti statunitensi, Adult Swim spicca come il terreno più fertile per un incessante lavoro di sperimentazione a cavallo tra commedia pura e disagio. Molto spesso i risultati sono sorprendenti; di tanto in tanto, invece, sembrano avere passato il segno in nome dell’eccesso. In qualsiasi caso, rimane la sensazione di avere trascorso qualche ora girovagando in un museo dedicato a David Lynch. Soltanto che il museo è nella tua testa. E la tua testa è intrappolata nelle secrezioni gastriche dello stomaco di un maiale morto. O una cosa così.

La reazione generale alla programmazione di Adult Swim.

Gli esperimenti sulla forma di Adult Swim, più che un certo tipo di comicità, richiamano il jazz. Ed è proprio in questo spirito che è nato Infomercials.

Immaginate di essere seduti davanti alla tv alle quattro del mattino. Non siete abbastanza svegli da potervi considerare “svegli”, ma non siete abbastanza addormentati da poter legittimamente andare a letto. Lasciate che il tono suadente di Giorgio Mastrota vi culli fino all’oblio. O, in alternativa, che vi venda un materasso. Negli Stati Uniti, quella delle televendite è una realtà comune, e questo anche perché gli Stati Uniti hanno inventato le televendite: oltre alle decine di canali delegati unicamente allo scopo di vendere prodotti, era una pratica accettata per le reti nazionali non interrompere la programmazione ma, invece, passare al teleshopping.

Prendendo spunto da questa sfaccettatura della realtà, Adult Swim ha ideato il suo programma più iperreale: Infomercials ha cominciato ad andare in onda dal nulla, alle quattro del mattino, senza spiegare cosa fosse o di chi fosse, senza alcun annuncio di lancio.

Il primo episodio, una meta-televendita trasmessa nel 2009, non era stata contemplata all’interno di una serie, ma come una tantum. Era stato infilato in uno spazio del palinsesto intitolato “Paid Programming,” così che gli spettatori non capissero che era una parodia.

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Paid Programming, o Icelandic Ultra Blue.

La genesi della serie di Infomercials, invece, è circondata da controversie. “Paid Programming” era un’idea comica di H. Jon Benjamin (attore e doppiatore, nonché voce di Archer in Archer) e David Cross (attore e autore comico nonché Tobias Fünke in Arrested Development), ma la realizzazione, complice l’anonimato totale in cui la coppia aveva portato a compimento il proprio piano, non era andata molto bene. Con il suo tentativo di camuffarsi a tutti i costi da televendita, era un’idea così pura di commedia che non tutti avevano riso.

La gente sveglia alle 4 del mattino, che si aspettava repliche di altri programmi, aveva cominciato a inondare i forum di Adult Swim di “cosa, scusa?”, pretendendo una spiegazione. Che era esattamente la reazione che i due comici si auspicavano – ma il network aveva colto il messaggio, chiudendo la questione in fretta e furia e svelando i protagonisti del corto (“sono questi due tipi famosi!”)

Oggi, Cross e Benjamin hanno qualche conto in sospeso con il vicepresidente di Adult Swim, il quale – sostengono – tre anni più tardi avrebbe ripescato quell’idea un tempo scartata, e l’avrebbe riconvertita in serie di successo, sceneggiata, a turno, da comici interni ed esterni al network (da Aziz Ansari, a Matt Besser, agli autori di The Onion).

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The greatest asset that this country has at its disposal is fear.

Infomercials ha avuto inizio come una serie di messaggi pubblicitari che sfociano nell’assurdo. Rendendo giustizia all’impianto comico della rete cui appartiene, negli ultimi due anni si è evoluta in una creatura completamente diversa.

Ma cominciamo dall’inizio. È complicato distinguere una vera televendita da una falsa televendita, perché il mezzo in sé crea intorno a noi un mondo talmente surreale che finiamo per non essere più in grado di distinguere la realtà, specialmente alle quattro del mattino. Se guardiamo Joy di David O. Russell e poi guardiamo le vere registrazioni di Joy Mangano, l’ispiratrice del film, che vende la sua scopa in tv, saranno queste ultime ad apparirci molto meno realistiche. Eppure sono la realtà.

Allo stesso tempo, di norma, le televendite sono qualcosa che guardiamo senza prestare troppa attenzione. Ne osserviamo i colori, osserviamo gli strani vezzi gestuali dei presentatori, magari osserviamo il prodotto e lo desideriamo, ma l’attenzione che vi prestiamo è passiva, automatica. Il punto di partenza dello show di Adult Swim è precisamente l’idea che a un certo tipo di televendite siamo abituati, e siamo predisposti a non prestargli attenzione. Ce le lasciamo passare davanti agli occhi. E se invece, mentre osserviamo distrattamente lo schermo, ci passasse davanti agli occhi il dramma umano? Infomercials ribalta la nostra concezione di “televendita”, mettendo in mostra il disfacimento dal vivo di presentatori con il crollo nervoso per la figlia morta e ingegneri prodigio che ti permetteranno di vivere per sempre nei panni di brutti avatar. L’elemento coesivo di tutti gli spot è costituito dalle dinamiche umane e dalla disperazione di fondo.

Ma cosa è cambiato due anni fa?

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Il capolavoro.

Due anni fa, sempre alle quattro di notte, è andato in onda “Too Many Cooks”. Descritto da un amico del regista come una “sitcom anni Ottanta immaginata durante un’allucinazione febbrile”, “Too Many Cooks”, al contrario di tutti gli altri infomercial, non è una televendita: è la sigla di una sitcom tipica, tutta villette con pareti di compensato e persone che sorridono bonarie, soltanto che lo show non parte mai. Il ritornello si fa sempre più surreale, il telefilm cambia genere sei volte (prima è una sitcom, poi è un poliziesco, poi è un thriller), il set si riempie via via di elementi disturbanti fino a trasformarsi in un incubo.

Il punto di partenza era lo stesso dei predecessori: prendere una situazione nota (se non classica) per gli spettatori, e parodiarla con un’escalation di immagini inquietanti ed estranee all’universo iniziale. Dopo la sua messa in onda, l’episodio, scritto e diretto da Casper Kelly di Your Pretty Face Is Going to Hell, si è tramutato in un trionfo virale. E a buon diritto: pur abbandonando il concetto originario di “infomercial, ne è il risultato più compiuto. Nei suoi undici minuti, a volte ti stordisce, ti stanca, è come ripetere la stessa parola in continuazione, fino a perderne il significato. Una volta completata la visione, però, non se ne può più fare a meno. (A proposito: è piaciuto anche a Charlie Kaufman).

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L’intero successo di Infomercials è dovuto a internet: fosse stato relegato a uno spazio notturno sulla tv satellitare, lo show si sarebbe guadagnato pochi cultori, come del resto era capitato allo sfortunato “Paid Programming”. Ma anno dopo anno, Adult Swim ha cominciato a intercettare i suoi fan, e ha commissionato prodotti sempre più cinematografici: “Unedited Footage of a Bear”, un’agghiacciante parodia delle pubblicità degli antidepressivi, usa il linguaggio dei film di genere in modo sapiente, e sfruttando valori di produzione piuttosto alti.

Grazie ai milioni di visualizzazioni di “Too Many Cooks”, Infomercials ha compreso il suo potenziale e ha deciso che era il momento giusto per ampliare la propria portata: abbandonare la premessa di base (la televendita) per parlare anche di altro. Che in fondo è quello che aveva sempre fatto. La stagione del 2016 si è conclusa il 7 giugno, dimostrando la capacità dello show di diventare una serie di cortometraggi, o di piccoli spettacoli di stand-up surreale, in cui la personalità dell’autore spicca in maniera individuale.

Basti pensare a “Joe Pera Talks You to Sleep”: Joe Pera è un comico (un comico dal nome incredibile, si potrebbe aggiungere), e il suo infomercial ha senz’altro aspetti inequivocabilmente comici, ma più che altro è intriso di quella dolorosissima melanconia che caratterizza i momenti migliori di Rick & Morty e di tutto il resto della programmazione Adult Swim.

Sembra strano dirlo di una roba che parla di Stephen Hawking che tradisce la moglie e di fienili della Pennsylvania, ma è di una bellezza stravolgente:

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Laura Spini
Nata a Bergamo, non è la sua omonima Google vittima del raggiro di una santona. Ha tradotto e collaborato per una serie di case editrici e riviste italiane, sulle quali ha scritto di cinema, videogiochi, e pistoleri memorabili.

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