Una rassegna per fermarsi almeno un attimo dopo gli attentati di Parigi. Che cos'è l'Isis, chi sono i suoi uomini, come funziona la sua economia, qual è il suo passato e la sua "missione".
Dopo gli atroci attentati di Parigi di venerdì scorso, la redazione di Prismo ha deciso di condividere con i propri lettori alcuni articoli, saggi e video che ha trovato di aiuto nel cercare di capire qualcosa sull’Isis e la sua strategia nel Medioriente e in Occidente. Di seguito, quindi, una selezione di contributi prodotti da varie testate nel corso degli ultimi mesi: crediamo infatti che l’approfondimento sia la reazione migliore ad atrocità simili.
Buona lettura.
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Innanzitutto, un riassunto di quanto è successo a partire da venerdì sera.
Quali sono gli obiettivi finali di Isis, qual è la strategia per raggiungerli e fino a dove si estende la fascinazione per lo stato Islamico in alcune menti occidentali, cosa intendono davvero quando parlano di prendere Roma, fin dove vogliono estendere il califfato e cosa c’entra il Corano in tutto questo? Questo dettagliato articolo dell’Atlantic cerca di dare risposta ad alcuni di questi interrogativi.
Come riesce l’Isis a contrabbandare il petrolio estratto dai pozzi che controlla, come trova una manodopera sufficientemente qualificata per operarli, quanto ci guadagna giornalmente e perché il suo giro d’affari è così difficile da distruggere?
Hopes & Fears ci porta dentro lo scontro tra le riviste e i magazine della jihad, tutte con un pubblico ben preciso. Anche così nascono i terroristi.
Dal Belgio alla Siria, da un reality-show all’Isis: il viaggio di un teenager europeo per unirsi alla jihad e l’odissea del padre per riportarlo a casa. In mezzo la descrizione di una cellula di estremisti di Anversa, il funzionamento del suo sistema di reclutamento, le circostanze che spingono tanti giovani europei ad aspirare al martirio e alcuni foschi presagi per il futuro. Un articolo tanto più rilevante ora che si è saputo che alcuni degli attentatori di Parigi venivano proprio dal Belgio.
Dieci anni fa le periferie parigine si sollevavano in una violentissima protesta sociale, oggi sono diventate bacini dell’estremismo islamico. Ma c’è anche chi prova a offrire ai loro giovani delle alternative all’alienazione. George Packer racconta i due volti di un sobborgo di Parigi.
Pochi giorni dopo gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo, Raffaele Alberto Ventura spiegava come il vero scopo del terrorismo sia “rendere ingiusta la vittima”, mostrarne il suo lato più violento, lasciarlo di fatto senza alternative possibili tra subire e reagire, preparando così il terreno per una serie infinita di ritorsioni. Parole che restano attuali anche dopo venerdì.
“L’obiettivo (…) è di terrorizzarci per spingerci fuori dal Medio Oriente, che rappresenta la vera posta in gioco. Si tratta di una sorta di ‘guerra dei Trent’anni islamica’, in cui siamo coinvolti a causa della nostra (antica) presenza in quelle aree e dei nostri stessi interessi. L’ideologia di Daesh è sempre stata chiara su questo punto: creare uno Stato laddove gli Stati precedenti sono stati creati dagli stranieri quindi sono ‘impuri’.” Mario Giro su Limes.
C’è poi il “fronte interno”, che siamo noi che condividiamo tutte le notizie e le foto assurde che vediamo sui social network. BuzzFeed ha raccolto le bufale più diffuse degli ultimi giorni. Anche Le Monde ha smentito molte voci che sono circolate per ore.
Come molti altri membri dell’Isis, Abu Ahmad al-Kuwaiti è entrato in contatto con l’idea del califfato in un campo di prigionia americano nell’Iraq di metà 2000. Lì ha conosciuto Abu Bakr al-Baghdadi, iniziando la sua scalata nei ranghi dell’Isis di cui oggi è uno dei membri più rispettati. Eppure, di fronte a una spirale di violenza incontrollabile e senza fine, vorrebbe lasciare il califfato anche se probabilmente pagherebbe la diserzione con la morte. L’anno scorso, in compenso, ha raccontato come tutto è cominciato a un reporter del Guardian.
Dagli anni ’80 a oggi, una lunga ricostruzione della nascita dell’Isis, anche attraverso le biografie di alcune delle persone che più hanno contribuito alla sua creazione, mentre un lungo contributo multimediale di Al-Jazeera riassume le tappe salienti, gli errori politici e d’intelligence che hanno contribuito all’escalation della situazione.
Tutto quello che val la pena sapere sul azzardato doppio-gioco del Re Saudita; da una parte alleato dell’Occidente, dall’altra istigatore (e finanziatore) degli estremisti.
IS, Isis o Isil, il califfato ha molti nomi. In molti, però, pensano che dovremmo iniziare a chiamarlo Daesh: è una parola corretta ma che li fa incazzare.
Un sito che monitora in tempo reale i cambiamenti nella mappa dei territori interessati dall’Isis.
Una lettura contro la paura: i confini nazionali non hanno alcun senso.
“Oh, I didn’t realise that you wrote poetry /I didn’t realise you wrote such bloody awful poetry Mr Shankly” Perché la poesia è diventata il medium preferito dei jihadisti? Uno studio su un agghiacciante sottogenere letterario.
Come spiegare il massacro ai bambini francesi (Pdf)?
E l’editoriale del quotidiano sulla “generazione Bataclan”, tradotto in italiano.
Un profilo di Abu Bakr al-Baghdadi: da “talentuoso calciatore” della squadra della sua Moschea ad autoproclamato califfo dello stato islamico.
A proposito della parola crociata che qualcuno tira fuori in questi giorni, Lapham’s Quarterly spiega come le sanguinose guerre abbiano avuto ripercussioni culturali enormi, rivoluzionando per esempio la moda in Europa.
“Le moschee erano troppo moderati e hanno trovato la loro ‘verità’ su internet”, dice il Ministro degli Interni belga riferendosi alla chat della Playstation 4, “molto difficile da intercettare”. Il sistema di comunicazione della consolle è diventato il nuovo mezzo di comunicazione dei terroristi.
Un pezzo del New Yorker del 2006, scritto poco dopo la morte di Al-Zarqawi, che racconta l’inizio dell’eclissi di Al-Qaeda e i primi indizi della mutazione degli scopi, delle ambizioni e delle strategie del terrorismo islamico. Un articolo di impressionante preveggenza alla luce di quanto avvenuto nei dieci anni successivi.
La redazione di Prismo vive in una cascina nelle colline tra Busto Arsizio e Varese dove passeggia per i campi ragionando su paradossi filosofici e coltivando marijuana così potente che la puoi fumare solo in un bong costruito dentro la tua mente.