Con The Comedy e Entertainment il regista Rick Alverson mette in scena persone spregevoli e senza possibilità di redenzione.
Neil Hamburger è un comico che non fa ridere e riversa il suo odio sul pubblico. Unto, sudato, tre gin tonic sottobraccio, l’unico scopo di Neil Hamburger è “morire” sul palco, nel vuoto pneumatico di un pubblico che non sa come reagire. Eccolo lì, in piedi davanti ai suoi spettatori, che racconta barzellette e getta tutto il suo astio su chi non sa apprezzare la sua arte.
Neil Hamburger, però, non esiste: è una creazione di Gregg Turkington, comico australiano cresciuto negli Stati Uniti, che da vent’anni a questa parte porta in scena il suo alter-ego, una specie di Tony Clifton di Andy Kaufman nonché uno dei più interessanti casi di decostruttivismo della comicità da palco: Neil Hamburger è una sorta di performance art che parla della stand-up comedy, più che farla.
Col tempo, il pubblico ne ha naturalmente colto l’umorismo di fondo, e oggi, quando Neil Hamburger fa battute non divertenti ai suoi spettacoli, tutti ridono, e ridono. Perché l’audience è un’audience di iniziati, che sanno come prenderlo: l’intrattenimento vale solamente per chi è in grado di coglierlo, e quindi taglia fuori una buona parte della popolazione di non-iniziati.
Cosa succederebbe se Neil Hamburger fosse una persona vera? Se le sue tirate contro gli spettatori non fossero parte di un’elaborata performance? Se, insomma, fosse un vero stronzo e si esibisse di fronte a un pubblico che non ha “capito l’antifona”? Sono domande che si è posto Rick Alverson, regista della Virginia, quando ha scelto come protagonista per il suo quarto lungometraggio proprio Neil Hamburger. Il film si intitola Entertainment, ha debuttato a Locarno l’anno scorso, e non è la prima volta che Alverson si interroga sull’“uomo orribile”.
Ma fermi un attimo. Chi è Rick Alverson? Nel panorama dei cineasti indipendenti nordamericani esportati in Italia, il suo nome è marginale, non distribuito, lontano dallo status da micro-culto che ha cominciato a guadagnarsi negli Stati Uniti. A dispetto dei riconoscimenti ricevuti ai festival internazionali, Alverson è tuttora considerato un’anomalia esotica e non, come dovrebbe essere, uno dei più sottili imbastitori di satira di cui disponiamo. Forse perché i suoi personaggi sono spesso troppo odiosi per essere anche solo lontanamente avvicinabili?
Alverson è arrivato al cinema nel 2010, dopo un decennio e mezzo trascorso da falegname e da cuoco, in parallelo a una carriera da musicista e da regista di videoclip. Si è avvicinato al mezzo facendo tutto lui: sceneggiatore, regista, direttore della fotografia e montatore. I suoi primi film erano meditazioni sull’accartocciamento del sogno americano. Camera a spalla, luci naturali, dialoghi rarefatti e molto improvvisati. Con il passare degli anni, l’approccio del regista non è cambiato troppo (ancora oggi si monta i film da solo), ma i suoi contenuti sì.
The Comedy ed Entertainment, i suoi due lavori più recenti, compongono un dittico ideale, non soltanto perché hanno titoli – e protagonisti – molto affini, e non soltanto perché Alverson, anche nel caso di The Comedy, si è affidato alla collaborazione con un comico.
È qui la festa? No.
The Comedy, del 2012, ha come protagonista Tim Heidecker del duo Tim & Eric. Nonostante il titolo del film, la comicità c’entra solo come contrappunto ironico. Infatti, The Comedy descrive con minuzia la vita quotidiana di Swanson, un trentenne di Brooklyn troppo vecchio per essere un mantenuto, troppo giovane per sentirsene colpevole.
Swanson nella vita non fa niente, se non trascinarsi stancamente di luogo in luogo, accompagnato da un gruppo di amici con lo stesso retroterra culturale e le stesse ambizioni. Il suo ricco padre sta per morire, il suo valore netto sta per andare alle stelle. Fin qui tutto regolare: siamo a Brooklyn, in fondo. Entra in scena il disgusto per il personaggio: Swanson si vede come un fine umorista, un ciclone di divertimento, ma The Comedy ce lo rivela come un personaggio razzista, incapace di affrontare argomenti seri con responsabilità, cieco nei confronti del punto di rottura delle persone, il punto in cui è legittimo – se non necessario – offendersi. Fa il verso agli infermieri, ai tassisti, al padre moribondo, a tutti gli individui che gli offrono i servizi di cui usufruisce.
Rick Alverson estremizza il concetto di millennial dalla scarsa empatia, mostrandoci un uomo che non riesce a uscire dalla mentalità del branco anche quando il branco non è presente, anche quando il branco è composto solamente da due amici sovrappeso con un senso dell’umorismo simile al suo.
Swanson galleggia senza un vero scopo in quella specie di risacca semialcolica dove tutto è concesso, dove si pensa che tutto faccia ridere e, soprattutto, da cui è difficile uscire.
Il fatto che Alverson scelga uomini adulti più vicini ai quarant’anni che ai trenta è un sintomo del fatto che i suoi personaggi non si comportano spregevolmente perché tutto, nella loro vita, è una novità; si comportano spregevolmente soltanto per abitudine.
The Comedy ha un successo strano. Viene adorato da alcuni spettatori e critici, odiato da altri: il fatto che Swanson non venga mai punito e/o pestato a sangue è un deterrente importante. Le persone non sanno come prenderlo. Passano tre anni e Rick Alverson e si trova a dirigere un collaboratore di Tim Heidecker: Gregg Turkington, o meglio, Neil Hamburger.
Entertainment, scritto in collaborazione con gli stessi Turkington e Heidecker, è il film più formale, statico, girato in un widescreen spropositato, tutto movimenti di macchina lentissimi e locali illuminati à la Nicolas Winding Refn.
Rispondendo alla domanda iniziale di Alverson (“Cosa succederebbe se…?”) in Entertainment, Neil Hamburger è il personaggio, non un personaggio interpretato da un comico.
E quindi ci troviamo a spiare l’esistenza di un intrattenitore mediocre e amareggiato dalla sua carriera e dal suo pubblico: gira di bettola in bettola, in una terra di mezzo degli Stati Uniti (il deserto del Mojave), apparentemente consapevole dell’inutilità del suo ruolo.
Nel riprendere brevi repertori mediocri tra lunghissime pause durante le quali Neil Hamburger non fa niente, a parte aspettare di salire sul palco, Entertainment è una meditazione su quanto fare comicità sia un passatempo terra-terra, e su quanto sia inutile anche solo provarci. Certo, nel fare un discorso di questo genere il film si presenta sotto forma di un sottilissimo, comicissimo esperimento di satira.
Neil Hamburger è un’altra delle maschere orribili che Rick Alverson ha deciso di ritrarre.
È un personaggio iperrealistico – in fondo, è una macchietta inventata – che raccoglie i tratti spiacevoli di tutto un gruppo di comici e di esseri umani, e tuttavia rappresenta precisamente il tipo di uomo che Alverson vuole indagare nei suoi film, spingendolo fino al parossismo. In uno dei momenti più sconvolgenti del film, il comico dà della “troia” a una donna ubriaca che parla durante il suo set, per poi ricoprirla di una serie di insulti irripetibili sulle sue abitudini sessuali senza la minima ombra di umorismo.
Il canone hollywoodiano ci ha abituato a protagonisti negativi a cui prima o poi viene dato scampo, o che addirittura arrivano a redimersi. Quello che il modo di fare cinema di Alverson ci insegna è che 1) la redenzione è negli occhi di chi guarda; 2) non è detto che avverrà mai. È per questo che ai festival la gente esce a metà della proiezione. Perché si aspetta un castigo per l’uomo orribile, e il castigo tarda ad arrivare. “Vogliamo che venga punito perché è un evento catartico,” dice Alverson. “Dal mio punto di vista, se mostri un comportamento aberrante, si percepisce che è aberrante. […] C’è un evento formale in corso: una condanna collaborativa, in cui la reazione dell’audience getta luce sulle azioni mostruose. È il pubblico a essere la giuria. Non si tratta di uno spettacolo univoco.”
Nata a Bergamo, non è la sua omonima Google vittima del raggiro di una santona. Ha tradotto e collaborato per una serie di case editrici e riviste italiane, sulle quali ha scritto di cinema, videogiochi, e pistoleri memorabili.