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Quando la realtà è più ridicola della fantasia: la serie comica che, secondo alcuni, somiglia a un documentario sulla Silicon Valley.


Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Tutta la Silicon Valley, da tre anni, si sintonizza religiosamente su HBO per guardare Silicon Valley, una serie comica che parla di quel che succede in quella parte di mondo. È uno show comico che, secondo il CEO di Snapchat Evan Spiegel “è praticamente un documentario”, dichiarazione in parte spiegata dalla sigla della serie: un’animazione in cui un blocco di edifici cambia e si trasforma sotto le insegne delle principali start up e “unicorni” digitali. Sigla che, peraltro, viene aggiornata di anno in anno, tenendo conto di aziende in ascesa (Facebook) e giganti in difficoltà (Yahoo).

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Silicon Valley narra le vicende di una piccola start up che si occupa di compressione di dati fondata dal timido Richard Hendricks (Thomas Middleditch). Un mercato importante, ma niente di propriamente “sexy”: Pied Piper, questo il nome della società, nasce come un prodotto di nicchia sviluppato da un CEO & Founder sconosciuto e poco avvezzo ai riflettori. In questo è più simile a Bill Gates, un personaggio da Valley vecchio stile, distante dalle nuove stelle locali come per esempio lo Spiegel di Snapchat. Hendricks comincia a lavorare all’algoritmo mentre è dipendente di Hooli, azienda di fantasia che nella serie ha un ruolo di peso che in realtà potrebbe avere Google; un gigante guidato dallo strepitoso Gavin Belson, l’antagonista di questa storia.

Hendricks, deciso a trovare finanziatori per il suo gioiello, chiede aiuto a Peter Gregory, un VC (Venture Capitalist) di rilievo, noto per aver investito in aziende di successo, e ispirato da veri VC come Peter Thiel e Paul Graham. Gregory, personaggio pazzesco interpretato dal compianto Christopher Evan Welch, è un genio della finanza le cui vie sono misteriose e inquietanti, e che non si dimostrerà subito interessato al prodotto di Hendricks.

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Tra Gregory e Belson di Hooli non corre buon sangue.

Pied Piper, si scoprirà da qui a poco, è in realtà un software rivoluzionario in grado di sconvolgere il mercato e il funzionamento stesso di internet. Hendricks si ritroverà d’un tratto alle prese con offerte irripetibili, ricatti, spionaggi industriali e tutto quello che rende Silicon Valley così simile alla Silicon Valley.

I creatori della serie sono tre persone particolari: Mike Judge, John Altschuler e Dave Krinsky. Se Mike Judge non vi suona familiare, sappiate che è dietro a prodotti come Beavis and ButtHead, The King of The Hill, Idiocracy e quel gioiello sottovalutato di Office Space, ed è quindi un pezzo di comicità americana degli ultimi 25 anni. Un professionista che, quando ha deciso di parlare della “culla del nuovo Rinascimento”, ha deciso di studiarla da vicino. Ogni anno, il team di Judge intervista insider, raccoglie pettegolezzi e indiscrezioni, profila investitori che potrebbero diventare personaggi dello show; poi processa queste informazioni e le satirizza. Il risultato dovrebbe essere un’iperbole e superare la realtà, eppure secondo ViceSilicon Valley è la serie più realistica della televisione”. Com’è possibile?

Da un lato c’è lo splendido lavoro fatto dagli autori e, soprattutto, uno dei migliori cast comici del momento; dall’altro c’è sicuramente l’intrinseca assurdità della Valley, un luogo che, si dice, mostra come sarà il mondo tra cinque-dieci anni. E a giudicare da quel che si vede, ci aspetta un mondo piuttosto bizzarro. La Valley è infatti un luogo esagerato e assurdo, dove ambizione, specializzazione e una facile cultura del sogno hanno costruito un’industria miliardaria, dove hanno sede molte delle aziende più influenti del mondo e dove vive il genere di persone che con un’app vuole “rendere il mondo un luogo migliore”. A tal proposito, da appuntarsi una delle migliori battute della serie, quella con cui Gavin Belson reagisce a un insuccesso della sua Hooli: “I don’t want to live in a world where someone else is making the world a better place better than we are”.

Il citato effetto di realismo è dovuto a una precisa imitazione del reale. Il sito Backchannel ha analizzato il cast scovando le persone a cui è ispirato: si va dalla dicotomia Steve Jobs/Steve Wozniak nel protagonista Hendrick, a un miscuglio ragionato di CEO per l’antagonista Belson.

Via Backchannel: a sinistra Sergey Brin di Google, a destra Gavin Belson.

Silicon Valley è attento alle mode e ai trend, agli scandali e alle manie personali degli attori della Valle. Un personaggio che funge da spugna per tutto ciò che è patetico e ridicolo, per quanto in buona fede, è Erlich Bachman (T.J. Miller), capo dell’acceleratore di start up che finisce per sviluppare Pied Piper. Bachman è bolso, ama i bong e le droghe psichedeliche, ed è frustrato perché la sua vecchia società, Aviato, è collassata nel nulla. Lo ha reso milionario, certo, ma nessuno la conosce. Bachman è un fantasma con le tasche piene di soldi ma almeno ha una filosofia di vita che ha a che fare con i Radiohead, vediamola:

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Yeah, they’re assholes.

In tutto questo non ci siamo dimenticati del cast, che abbiamo già detto essere fenomenale. Silicon Valley si basa su un nucleo di protagonisti attorno ai quali orbitano personalità borderline e tizi di passaggio indimenticabili. Cogliamo fior da fiore partendo dai dipendenti della start up: oltre al citato CEO e Bachman, troviamo Jared Dunn (Zach Woods), uno spilungone tuttofare che non riesce ad aprire bocca senza dire qualcosa di agghiacciante e irresistibile. Jared è il miglior alleato di Hendricks – il che è tutto dire – e pare abbia lasciato un promettente lavoro presso Hooli per inseguire un sogno: un sogno che è spesso l’unico a vedere. (Il sito Thrillist ha tentato di ricostruire la sua storia pre-Pied Piper inciampando in una vicenda torbidissima.)

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Per capire il potenziale comico di questo manico di scopa ambulante, vi proponiamo una compilation delle sue battute: la prova d’attore di Zach Wood è, da sola, un ottimo motivo per guardare Silicon Valley (fatelo almeno voi perché pare che lui non abbia mai visto una puntata dello show).

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Il trucchetto di Jared.

Nello squinternato acceleratore di Bachman, una casetta familiare tra le onde della gentrificazione in corso nella Valley, si aggirano altre figure. C’è Monica Hall (Amanda Hess), assistente di Gregory e interfaccia di Pied Piper con i poteri forti: Hall è la ragazza bella e professionale di cui Hendricks si innamora, o forse no, non è chiaro, forse è lei a essersi innamorata: fatto sta, sembra essere l’unico volto gentile della Valley, una persona fragile e – scandalo! – indecisa, che alle volte fuma una sigaretta per affrontare il nervosismo. Solo che non si deve sapere: i sovrani della Valley sono leggermente salutisti.

Arriviamo così alle braccia, la fanteria di Pied Paper, i suoi due programmatori Bertram Gilfoyle (Martin Starr) e Dinesh Chugtai (Kumail Nanjiani). Il rosso e il nero, l’hacker satanista e il placido professionista pakistano. Nella struttura narrativa di Silicon Valley questa coppia fatta di incomprensioni, dicotomie e una malcelata bromance è un punto fisso essenziale: dovrebbero essere quelli che fanno funzionare le cose, eppure non riescono a smettere di rovinarsi la vita a vicenda.

Lo dico qui, a voi, in segreto: sogno uno spin-off dello show con loro due come protagonisti. E non sono l’unico, a quanto pare, visto che quando Google ha presentato il suo smartphone Pixel, ha scelto loro due per una scenetta introduttiva al keynote:

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La tensione sessuale.

Ci sono poi “i cattivi”. Di Belson e Gregory abbiamo già discusso ma loro sono solo la punta dell’iceberg. Indimenticabile, per esempio, la figura di Russ Hanneman, miliardario spocchioso e post-trumpiano noto per “aver messo la radio dentro internet” negli anni Novanta, ricavando molti soldi. Miliardi di dollari. Una cifra che gli permette di essere membro di quello che chiama “The Three Comma Club”. Quando, nel corso della serie, perderà quello status ritrovandosi in tasca “appena” 987 milioni di dollari, perderà il suo fragile equilibrio mentale.

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Infine, nel mio pantheon di “comparse che meriterebbero uno show tutto per loro ma qui sono solo comparse”, troviamo Nelson Bighetti (Josh Brener), noto come Big Head. Un incrocio tra un utile idiota e un vero amico del mondo, Big Head è un simpaticone che viene rimbalzato da un’azienda all’altra, usato come marionetta da Hooli per mettere in difficoltà Pied Piper e riempito di soldi che non sa come spendere. Nella terza stagione – niente spoiler – il suo personaggio diventerà centrale nello sviluppo della start up, ma sempre in pieno stile Big Head: senza che lui se ne renda conto, insomma.

Ora che siamo quasi giunti alla fine, possiamo parlare della Scena con la esse maiuscola, la scena del primo finale di stagione che riassume lo spirito della serie e ha convinto gli spettatori a continuare a guardarla. Stiamo ovviamente parlando di masturbazione di massa, ma andiamo per gradi. Nella Scena, i nostri eroi stanno partecipando a “Disrupted”, “la gara di start up” organizzata ogni anno dal sito Techcrunch. I nostri sono nel panico: il prodotto dev’essere terminato in tempo e presentato bene, la loro carriera dipende da quei dieci minuti di presentazione e dalla demo in pubblico. La squadra non dorme da giorni ed è sotto stress, fortuna che ci pensa Bachman a tirarli su di morale: “Vinceremo. Vinceremo anche se per farlo dovessi andare nell’auditorium e fare una sega personalmente a tutti i presenti”. Nasce quindi una discussione su come masturbare tutte quelle persone in appena dieci minuti, con tanto di lavagna. Nel bel mezzo dell’analisi, Richard ha un’illuminazione per il suo algoritmo: Pied Piper è salva, almeno per ora.

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Nonostante questo, nonostante tutto quello che avete visto in questa scena, chi se ne intende continua a dire che la vera Silicon Valley sia ancora più folle e assurda della serie tv sua omonima. La quarta stagione dovrà quindi cercare di recuperare, anche se sarà dura dopo quanto fatto da Peter Thiel in questi mesi.

Se ti è piaciuto questo articolo guarda Silicon Valley su NOW TV.

Pietro Minto
Caporedattore di Prismo, collabora con "La Lettura" del Corriere della Sera e Rolling Stone. Ha una newsletter che si chiama Link Molto Belli.

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