Oval, Alec Empire, disobbedienza digitale e Gilles Deleuze: un ricordo dell'etichetta Mille Plateaux in una storica intervista di Simon Reynolds al suo fondatore Achim Szepanski.
Nel 1996 il critico inglese Simon Reynolds firmò per il mensile The Wire un ritratto rimasto storico dell’etichetta tedesca Mille Plateaux, andando fino in Germania per intervistare il suo fondatore Achim Szepanski. Originariamente intitolata Low End Theory, quell’intervista compare oggi, tradotta in italiano, nel volume Technodeleuze e Mille Plateaux da poco pubblicato da Rizosfera. Ringraziamo Simon Reynolds e l’editore per averci concesso di riproporla su Prismo.
Francoforte può essere vista come la capitale finanziaria della Germania e, allo stesso tempo, come lo storico baluardo della teoria anticapitalista. Le siamo debitori della “Scuola di Francoforte”, alla quale appartenevano, oltre a Walter Benjamin, pensatori neo-marxisti come Theodor Adorno, Max Horkheimer e altri che, abbandonata la Germania per fuggire il nazismo, giunsero nel sud della California, a diretto contatto con l’eruzione kitsch della macchina da sogni hollywoodiana. Oggi, la scuola di Francoforte, viene ricordata soprattutto per il suo atteggiamento di disprezzo nei confronti della cultura di massa, vista come un sottoprodotto degradante del tardo moderno, come l’oppio dei popoli del XX secolo. Adorno, in particolare, ha raggiunto una dubbia immortalità nel mondo degli studi culturali, come fosse una figura famigliare costantemente riproposta dagli accademici in apertura delle loro lezioni semiotiche di “resistenza anti-egemonica” codificate nei video di Madonna e in Star Trek.
Adorno, senza dubbio, merita di essere fustigato per le sue opinioni assai discutibili sul jazz, visto come musica dalle “sonorità da eunuco”, il cui messaggio implicito sarebbe: “Rinuncia alla tua mascolinità, fatti castrare… e sarai accettato da una fraternità che condivide il mistero dell’impotenza”. Meno facile, tuttavia, è trovare argomenti da opporre alla sua critica del ruolo della cultura pop e ai suoi commenti sulla frenesia dello “swing della costa occidentale”1: “La loro estasi è senza contenuto… e presenta aspetti convulsivi che ricordano il ballo di San Vito o gli spasmi di animali mutilati”. Il verdetto di Adorno sui fan dello Swing californiano degli anni ‘40, i “jitterbuggers” – “pronti a lasciarsi trascinare da qualsiasi circostanza pur di avere qualcosa di proprio e compensare la sterilità e la povertà della loro esistenza” – potrebbe con facilità essere applicato alla cultura rave degli anni ‘90 che, a partire dall’happy hardcore fino alla gabber passando per la Goa Trance, ha ormai assunto il carattere di un rituale, rigido e conservatore quanto l’heavy metal.
La label Mille Plateaux, con sede a Francoforte, condivide, in qualche modo, l’atteggiamento critico di Adorno nei confronti della cultura di massa. A parere del suo direttore, Achim Szepanski, l’industria rave tedesca – che domina la corrente principale del pop – è talmente istituzionalizzata e regolamentata da sfiorare il totalitarismo. Alla maniera di Adorno, Achim abbozza la psicanalisi della cultura dell’ecstasy percepita come “ricerca metonimica di sostituti materni – l’ecstasy come fosse la tua nuova mamma”. Alec Empire, che lavora come solista alla Mille Plateaux e anima la scena anti-rave di Berlino definita come Digital Hardcore, è ancora più diretto ed esplicito: “La musica rave è morta, è la noia più assoluta. La House è la disco e la Techno è il rock progressive”. Da parte loro, i membri del gruppo Oval, le vere e proprie star della Mille Plateaux, alla domanda su quali siano i loro rapporti con la techno reagiscono rispondendo con un’aria sorpresa: “Rapporti?!”.
Influenzata dal post-strutturalismo, l’etichetta Mille Plateaux, che deve il suo nome alla gigantesca influenza dei filosofi francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari, produce elettronica decostruita. La sua attività s’inscrive allo stesso tempo all’interno delle convenzioni del genere e in opposizione agli stili della musica post-rave: la techno “intelligente”, la house, la jungle, il trip hop. Mille Plateaux segnala la fine prematura di queste musiche e sottolinea le occasioni mancate. Gli esiti non sono certo paragonabili alle facili soddisfazioni elargite da autori techno meno ambiziosi, tuttavia non si può negare che l’etichetta offra il catalogo più coerente e stimolante della scena post-rave.
Incontro Szepanski in un week end di gennaio, nel suo appartamento di Francoforte – quartiere generale delle quattro label (Mille Plateaux, Force Inc., Riot Beats, Force Inc. USA) – situato in un quartiere “a rischio” della città, equivalente a King Cross a Londra (nei dintorni: treni, droga e puttane). Dalla piega dei suoi comunicati stampa in stile Deleuze (pieni di riferimenti a “correnti soniche” e “singolarità disgiuntive”) e dall’intenso scambio di messaggi per posta elettronica, mi ero fatto l’idea di un tipo austero. In realtà, Achim rivela progressivamente, nel corso del week-end, diversi aspetti inattesi del suo carattere: un feroce senso dell’umorismo, una certa debolezza per il plastic pop (possiede dischi di TLC e di Kylie Minogue), un grande talento per la battuta.
Afflitto da una malattia misteriosa, passa la maggior parte del sabato sorseggiando rimedi omeopatici e a lamentarsi che lui è troppo malato per intraprendere un’escursione programmata per vedere Gene Farris, un dj house di Chicago e artista della Force Inc., che suonerà in un club situato nella vicina città di Magonza. A mezzanotte, decide che ce la può fare. Per le prime cinque ore, gli spiriti di Achim rimangono bassi, nonostante un tasso di assunzione di alcol di tre birre a una nei miei confronti. Ma alle sei del mattino e alla birra numero dodici, Achim si sta agitando nella pista da ballo, rapito dalla selezione onirica di Farris. Ogni tanto, si avvicina a qualcuno per proclamare confusamente: “Gene Farris è il miglior DJ house del mondo. Non mi interessa la loro reazione, ma glielo dirò lo stesso in faccia, a Josh Wink e Laurent Garnier: Farris è il migliore”.
Szepanski, che oggi ha 35 anni, ha iniziato a far politica da studente, nel clima radicale e post-sessantottino del 1975. Ha letto Marx, flirtato con il maoismo, protestato contro le condizioni carcerarie della Germania. Più tardi, si è immerso nel clima sperimentale del post-punk, con gente come i D.A.F. – Deutsche Amerikanische Freundschaft – e ha dato vita al gruppo di musica industriale P16.D4. Negli anni 80 ha ripreso gli studi, ha visto morire la sinistra, cosa che lo ha assai depresso spingendolo a cercare consolazione negli alcolici e nella filosofia misantropa di Cioran.
Due sono gli eventi che lo faranno uscire dalla palude degli anni ‘80: l’incontro con il pensiero post-strutturalista di Foucault, Lyotard, Derrida et alii e il suo entusiasmo per l’hip hop e la house. Mentre lavora a un dottorato su Foucault, lancia a Francoforte il primo negozio di dischi indirizzato ai dj e fonda la label Blackout. Agli inizi degli anni ‘90 Szepanski fa le prime incursioni in Mille Plateaux. Capitalisme et schizophrénie di Gilles Deleuze e Félix Guattari, opera monumentale considerata da Foucault come una vera e propria “introduzione a una vita non-fascista”.
Per Achim fu una rivelazione. Le teorie di Deleuze e Guattari gli avevano mostrato come “la militanza, anche se si lotta contro qualcosa di veramente malvagio, non implica necessariamente la tristezza e la negatività. La scuola di Francoforte e il marxismo esprimono una interpretazione estremamente lineare della storia e una visione globalizzante della società, mentre per Deleuze e Guattari la società non si riduce solamente all’economia e allo Stato ma si presenta come una moltitudine di sottosistemi e di lotte locali.”
A partire da ciò, Achim concepisce la strategia di sovversione “in contesto” che anima le sue label: hard techno e house per Force Inc., elettronica per Mille Plateaux, jungle per Riot Beats, trip hop con le compilazioni Electric Ladyland. Simili interventi si collocano in uno spazio intermedio fra la parodia e la risposta, mostrando nei fatti a che cosa quei generi avrebbero dovuto assomigliare nel caso fossero stati all’altezza o avessero superato la retorica “progressiva” che li accompagna.
Fondata nel 1991, Force Inc. è stata inizialmente influenzata dai rinnegati di Detroit, gli Underground Resistance; non solo da un punto di vista sonoro, ma anche dalla “loro presa di posizione in quanto dance anti-corporativa e anti-mercificata“. Nel suo primo anno, il suono neo-Detroit e nouveau acid di Force Inc. ha avuto molto impatto. Allo stesso tempo, l’etichetta è stata coinvolta nella scena sotterranea dei rave party, organizzando “eventi di guerriglia in strane località, senza i trucchi e gli effetti speciali che puoi trovare nelle discoteche normali”. Ma nel 1992, quando la rinascita acid è terminata e la trance noiosa prende il sopravvento, Force Inc. “produce una rottura radicale”, e si dirige verso un hardcore orientato al breakbeat che diventa uno strano parallelo alla quasi-jungle che sta emergendo in Gran Bretagna. Szepanski e Force Inc. meritano rispetto per aver riconosciuto in modo così precoce la radicalità dell’ardkore, allora universalmente deplorato. Hanno perfino amato la tanto derisa vocina accelerata (squeaky voice) che ha segnato le produzioni ardkore nel 1992.
“Forse era deformata solo la nostra peculiare interpretazione, ma la voce velocizzata sembrava come un serio tentativo di decostruire alcune delle ideologie della musica pop. Una dimensione di questo tentativo è stata l’utilizzo delle voci come strumenti o come rumore, distruggendo l’ideologia pop che vuole la voce come espressione del soggetto umano”.
E così Force Inc. ha iniziato la propria presa sul genere “industriale astratto in stile breakbeat UK”, facendo scontrare insieme sonorità dure e campioni angelici su un breakbeat ultra-veloce, come nella meravigliosa “Hells Bells” di Biochip C, disponibile nella recente antologia di Force Inc. intitolata Rauschen 10. Achim ha licenziato nella sua etichetta anche tracce inglesi come il brano super-sentimentale di NRG “I Need Your Lovin'” e materiali del gruppo Force Mass Motion. “Abbiamo fatto alcuni grandi party: il nostro amico, DJ Sasha, suona molto più veloce rispetto ai dj inglesi, a 200 bpm, utilizzando dei piatti Technics alterati, con i pitch spinti fino a +40. A questa velocità, tutto il suono diventa molto astratto, ti arriva addosso come un muro del suono. Ha funzionato molto bene per noi, ma non per gli altri! Eravamo molto isolati in Germania“.
Achim guarda all’evoluzione della musica rave tedesca alla luce dei concetti di deterritorializzazione e riterritorializzazione, elaborati da Deleuze e Guattari.
Nel 1993-1994 uno Szepanski atterrito assiste all’emergere della cultura rave in Germania, con il “ritorno delle melodie, di elementi new age, di armonie e timbri terribilmente kitsch”. Su questa degenerazione del suono underground, si consolida l’establishment rave tedesco che si è sviluppato intorno alla organizzazione di serate Mayday, con la casa discografica Low Spirit ( per la quale incidono gruppi come Westbam e Marusha), e alla rete musicale Viva TV. Le classifiche sono sommerse da hit pop-techno prodotte da Low Spirit, come ad esempio “Somewhere Over the Rainbow” e “Tears Don’t Lie”, ispirate ad arie di commedie musicali o alla musica folk tedesca. A fronte di ciò, come unica alternativa riconosciuta, restava la musica electro trance scontata e moribonda, rappresentata a Francoforte da Sven Vath e dalla sua label Harthouse.
Achim guarda all’evoluzione della musica rave tedesca alla luce dei concetti di deterritorializzazione e riterritorializzazione, elaborati da Deleuze e Guattari. Si ha deterritorializzazione quando la cultura è completamente sconvolta – quello che è avvenuto con il punk, la musica rave degli inizi, la jungle – con la conseguente apertura di nuovi spazi estetici, sociali e cognitivi. La riterritorializzazione, diversamente, si presenta come l’inevitabile stabilizzazione del caos in un nuovo ordine: dall’interno, l’emergere di stili codificati e di ortodossie, e dall’esterno, il recupero dell’energia subculturale da parte dell’industria del divertimento. Szepanski utilizza una parola tedesca pertinente – “Freizeitknast” – per definire ciò in cui il fenomeno rave, una volta così liberatorio, si è trasformato: una “prigione-godimento” – il tempo libero che diventa una galera. Esperienze ben normate, estasi a comando, musica prevedibile: “Che noia!” deride Achim…
Achim sarebbe andato così lontano nelle sue analisi da descrivere la cultura rave come una sorta di fascismo estetico al lavoro? “Le tecniche di mobilitazione di massa e di coscienza di massa hanno somiglianze con il fascismo. Il fascismo mobilitava le persone a favore di macchine da guerra, il fenomeno rave sta mobilitando le persone a favore di macchine da godimento“.
Nel 1994 Achim lancia Mille Plateaux. Force Inc. lavorava, allo stesso tempo, in funzione della domanda delle piste e in reazione a quella stessa domanda. Allo stesso modo, Mille Plateaux si presenta come una sorta di risposta alla “elettronica d’ascolto” e al boom della ambient. Achim vede in questo tipo di produzioni una traduzione in termini di prassi musicale del pensiero deleuziano, la materializzazione di concetti quali rizoma (una rete di radicelle connesse lateralmente) che si oppone al sistema gerarchizzato a radice (caratteristico degli alberi). In musica, il termine “rizomatico” corrisponde all’idea Eno/dub di una democrazia dei suoni che fa esplodere l’abituale gerarchia degli strumenti (frequente valorizzazione della voce e dell’assolo di chitarra). In luogo di tutto ciò, si avrà una “sintetizzazione di suoni e pezzi eterogenei, attraverso una sorta di composizione che associa i suoni senza lasciar cadere la loro eterogeneità”. Anticipata dal fractal funk e dai teoremi del caos dei Can e dal Miles Davis dell’inizio anni ‘70 (con il principio “assolo di nessuno, assolo di tutti”), la musica rizomatica assume oggi la forma del taglia e cuci dei dj (nei loro tentativi più riusciti, i più audaci ma anche i più rari), dell’avanguardia hip hop e del post-rock. E delle produzioni Mille Plateaux, ovviamente.
Mille Plateaux, condivide egualmente l’interesse di Deleuze per la coscienza schizofrenica. Achim ammette la sua ammirazione per il coté oscuro dell’hardcore, per la sua “paranoia”, e si dispiace per il modo in cui la jungle ha lasciato cadere la propria follia vitale per orientarsi verso una musicalità più seria. “A partire dagli anni ‘50” dichiara “attraverso la musica concreta, la musica industriale e la techno si sono ascoltati i rumori più vari, grida, stridori, fischi – rumori senza dubbio associabili alla follia. Gli effetti di eco suscitano allucinazioni uditive, provocano spostamenti nella percezione, permettono l’emergere di modalità percettive fino ad allora attribuite soltanto ai folli e agli schizofrenici”. Per Achim, come per Deleuze e Guattari, un simile disorientamento sensoriale permette una decostruzione della “soggettività”.
Lo scorso anno [il 1995, ndr] Szepanski ha contattato Deleuze. Gli ha inviato alcuni brani degli Oval e di altri artisti della Mille Plateaux, chiedendogli se era interessato a contribuire, con un saggio, ad una antologia di scritti teorici sulla techno dal titolo Maschinelle Strategeme. Il grande uomo gli rispose, e dopo aver esposto le motivazioni che lo spingevano a declinare l’invito, esprimeva la propria approvazione alla label aggiungendo di aver apprezzato in particolar modo il lavoro degli Oval. “Ha anche scritto commenti sulle specifiche tracce!“, esclama Achim. “Più tardi, l’editore tedesco di ‘Millepiani’ ci disse che era davvero insolito ottenere una lettera del genere”.
Poco tempo dopo, Gilles Deleuze, gravemente ammalato, si suicidò. Aveva 70 anni. Szepanski mette immediatamente in cantiere un doppio cd In Memoriam Gilles Deleuze. Grazie al contributo dei post-rocker americani Rome e Trans Am, del dj-filosofo DJ Spooky, di tutto il gruppo dei vecchi alleati di Achim appartenenti al giro della musica sperimentale europea e degli habituè di Mille Plateaux (Oval, Mouse on Mars, Christian Vogel, Ian Pooley, Scanner, Gas, etc), In Memoriam si presenta, al momento attuale, come la miglior produzione di Mille Plateaux. Si potrebbe ricordare, ad esempio, il variegato bazar di suoni elettroacustici di Alec Empire (Bon Voyage), la jungle “musica concreta” di Christophe Charles (Undirections/Continuum) e il mosaico ronzante simil-Cluster di Rome (Intermodal).
L’onnipresente Jim O’Rourke, anch’egli nella compilation, sta ora lavorando a un progetto di remix (che forse avrà per titolo O’Rourke versus Mille Plateaux) che utilizza il catalogo di Mille Plateaux come materiale di partenza. Anche Techno Animal si presenta come un progetto di remix strutturato intorno all’idea di opposizione. Cinque sono gli artisti chiamati a partecipare come ospiti al progetto Techno Animal Versus Reality. Si tratta di organizzare una rete di scambi di materiali di base fra i cinque artisti e il gruppo, per giungere infine a dieci versioni differenti dei cinque pezzi. Oval, infine, si muove verso uno scenario del tipo Ascoltatore versus Oval, un sistema di composizione digitale che permetterà a chiunque di fare i propri dischi di Oval.
Articolo originariamente apparso sul numero 146 della rivista The Wire (aprile 1996). La traduzione originale dell’articolo è a cura di Massimiliano Guareschi; pubblicata nel n. 13/2002 della rivista Ultratomato, è stata rivisitata da Letizia Rustichelli e Paolo Davoli per le edizioni Rizosfera. Il volume Technodeleuze e Mille Plateaux è interamente consultabile in formato ebook a questo indirizzo.
1Il termine usato da Reynolds è “jitterbug”, uno stile di danza molto in voga in California negli anni ‘40 – gli anni di permanenza dei francofortesi nelle lande hollywoodiane. Tale “stile” si fondava su una musica che venne definita “swing della costa occidentale”, il cui artista di riferimento era Cab Calloway.
Simon Reynolds (Londra, 19 giugno 1963) è un critico musicale britannico.