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I supereroi sembrano nati apposta per essere protagonisti di videogiochi, ma nonostante gli siano stati dedicati 115 titoli la maggior parte di essi è raccapricciante. Ecco perché una guida ragionata ai pochi titoli validi è essenziale.

I supereroi mi stanno un po’ sulle palle. So che non è un bel modo per iniziare un articolo per la Superhero Week, ma preferisco sgombrare il campo da ogni tipo di ambiguità e presentarmi per uno che di X-Men e compagnia bella conosce il minimo sindacale o giù di lì. Peraltro non so da cosa derivi questa antipatia nei loro confronti: forse è il concetto stesso di “individui d’élite cui affidare le sorti della società” a puzzarmi un po’, oppure è il fatto che si agghindano con costumi che abbattono sul nascere qualsiasi tentativo di prenderli sul serio; fatto sta che in generale non mi sono mai appassionato alle loro vicende. Al netto dei film – due ore passano in fretta – le poche volte in cui ho dedicato loro la mia attenzione senza annoiarmi sono dipese da una trama di spessore (Watchmen), da disegni eccezionali (Arkham Asylum) o da ambedue le cose (Dark Knight Returns).

Questo perlomeno nella sfera dei media tradizionali, mentre tutt’altro discorso va fatto per i videogiochi. Infatti, malgrado le idiosincrasie di cui sopra, nel corso degli ultimi venticinque anni non è passato un lustro senza che m’imbattessi nelle rappresentazioni pixelate o poligonali di Spiderman, Batman, Wolverine e gli altri; cosa più importante, alcuni dei miei ricordi migliori di giocatore sono legati a titoli targati Marvel e DC. Il motivo è semplice: la qualità dell’azione – e delle meccaniche più in generale – relega sullo sfondo tutto quello che in veste di spettatore passivo di solito m’infastidisce. Purtroppo, tra gli oltre cento titoli che in oltre tre decenni hanno avuto come protagonisti i supereroi, è facile inciampare in giochi mediocri se non addirittura orrendi (è il caso di Superman 64, uno dei cinque videogame più brutti della storia), ed ecco perché una piccola guida come questa ha un senso.

Ancora due parole sui criteri di selezione che ho adoperato, così da capire meglio il perché di alcune esclusioni: innanzitutto mi sono limitato a un solo titolo per serie o per console, e cercando solo eccellenze ho ridotto la classifica da dieci a cinque posizioni [SPOILER: niente Freedom Force o X-Men Origins: Wolverine, quindi]. In secondo luogo, ho anteposto la qualità dell’esperienza se vissuta oggi alla innovatività mostrata all’epoca: l’idea è di offrire giochi apprezzabili anche dai palati più “nuovisti”. Infine, come conseguenza del punto precedente, ho escluso quei titoli che oggigiorno hanno poco senso d’esistere al di fuori di logiche da retrogaming; questa lista, più che identificare il valore storico dei singoli titoli o la fedeltà al canone dei franchise d’appartenenza, evidenzia la conservazione del loro fattore d’intrattenimento. Statece.

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Batman (Sunsoft – NES – 1989)

Ero in terza elementare quando il film di Tim Burton uscì nelle sale e la cosa che ricordo meglio del periodo (oltre alla gloriosa colonna sonora di Danny Elfman) è l’invasione del merchandising: tutto era un batqualcosa©, dagli zaini ai giocattoli fino alle lenti a contatto, con noi bimbetti resi impotenti di fronte a qualsiasi porcheria in commercio dalla potenza visiva della pellicola. Non starò a ripetere qui i suoi pregi, basti dire che se oggi Batman è considerato un supereroe cupo & tormentato immerso in atmosfere gotiche – anziché una macchietta camp che fa POW! col costume di flanella comprato in cartoleria – molto si deve a Tim Burton (e, certo, a Frank Miller).

Spostandoci al campo videoludico, bisogna riconoscere che Batman per NES ha tre grandi pregi: il primo è di essere riuscito a rispettare l’estetica burtoniana nonostante (o forse grazie a) una palette cromatica limitata a 25 colori; il secondo è di essere sorprendentemente fedele al materiale originale e alla trama del film; il terzo, infine, è di aver saputo declinare un modello – l’action-platform à la Ninja Gaiden – in maniera efficace e coerente rispetto al personaggio. A conti fatti ci si trova di fronte a un rarissimo caso di tie-in ben riuscito, che a un comparto audiovisivo eccellente accoppia un level design ispirato, dei controlli precisi e degli scontri con i boss di fine livello piuttosto impegnativi, in piena linea con gli standard dell’epoca. Se proprio dovessi trovare dei difetti, uno sarebbe l’assenza del rampino – retroattivamente penso a quanto mi sarei gasato a otto anni nell’usare un aggeggio in stile Bionic Commando –, e l’altro l’impossibilità di guidare la Batmobile o pilotare il Batwing (presente, in compenso, nell’altrettanto valida versione per Game Boy), ma in fondo si tratta di inezie del tutto perdonabili. Su eBay il gioco si trova tra i 10 e i 70€, cosa che segnalo perché notoriamente Prismo è contro le ROM che si trovano facilmente sui torrent.

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X-Men 2: Clone Wars (Headgames – Sega Mega Drive – 1995)

Tra gli anni ‘80 e ‘90 i platform erano uno dei generi di punta del gaming casalingo e, per quanto le console Nintendo abbiano storicamente conservato una posizione di forza nel genere, il Mega Drive sapeva difendersi egregiamente. Inoltre, quando venivano prodotte due versioni differenti dello stesso titolo spesso la console Sega ne usciva vincitrice, come nei casi di Sparkster, Turrican e, appunto, X-Men. Quest’ultimo, un platform/beat’em up piuttosto insipido su SNES, nella versione per la console concorrente risultava ben più interessante grazie alla fedeltà al materiale originale, nonché alla maggior enfasi riposta sull’esplorazione dei livelli. Per questi motivi la versione per Mega Drive riscosse un maggiore successo rispetto al cugino, soprattutto in America, dove il Genesis furoreggiava e dove l’attaccamento agli eroi Marvel era più forte. Nonostante fosse un titolo imperfetto, le vendite furono sufficienti per garantirgli un sequel che, oltre a risolvere alcuni difetti del predecessore (picchi di difficoltà irragionevole, una certa astrusità nella progressione di gioco), ne accentuò i pregi: in Clone Wars si può scegliere il proprio personaggio tra sei X-Men (Beast, Wolverine, Cyclops, Psylocke, Nightcrawler e Gambit) e, dopo un po’, Magneto; ciascuno di essi ha uno stile di gioco diverso dall’altro e delle mosse uniche che invogliano molteplici playthrough; i livelli son ben ideati, risultando complessi ma non labirintici; i poteri speciali sono finalmente disponibili senza restrizioni di sorta, ma la difficoltà generale e i boss di fine livello sono calibrati in maniera tale da renderli un’abilità necessaria anziché un asso pigliatutto. Tutti questi fattori, uniti a un ottimo comparto tecnico, lo rendono il miglior titolo basato su supereroi della generazione a 16 bit: un’eredità che, alla luce della mediocrità che si sarebbe vista su PlayStation 1, risulta oggi ancora più degna di menzione.

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Marvel VS Capcom 2 (Capcom – Arcade/PlayStation 2/Xbox/Dreamcast – 2000)

A parte un breve periodo – all’incirca tra Street Fighter II e Super Street Fighter II – non sono mai stato un mostro di bravura nei picchiaduro 1VS1, senza contare che la chiusura delle sale giochi verso la fine degli anni ‘90 (New Rocky Games di piazza Oberdan: eri abusiva e puzzavi di sigarette e carogne, ma ti ho voluto bene) mi ha privato di quel nonsoche di piacere nel vedere la persona di fianco a me rosicare dopo una sconfitta. Tuttavia, con nove anni di ritardo ho avuto un breve ritorno di fiamma con Marvel VS Capcom 2: cinquantasei personaggi da cui scegliere con scontri a gruppi di tre, una miriade di combo possibili e un design che unisce l’estetica degli Alpha a quella Marvel lo rendono ancora oggi uno dei beat’em up più apprezzati di sempre. In più, l’oggettivo sbilanciamento tra i vari personaggi lo rende da un lato un titolo ostico per i professionisti, ma dall’altro consente alle pippe come il sottoscritto di vincere, seppur solo in rare occasioni ed esclusivamente utilizzando Cable. In altre parole, è un gioco versatile e spettacolare che, a differenza dei più recenti Street Fighter, per risultare divertente ai non iniziati richiede una preparazione minima.

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Spider-Man: Web of Shadows (Treyarch – PlayStation 3/Xbox 360/Wii – 2008)

Sono cosciente del fatto che scegliere Web of Shadows anziché Spider-Man 2 possa sembrare un insulto gratuito alla nostalgia, ma, come premesso nell’introduzione, in questa lista il valore storico ha un’importanza assai relativa. Di conseguenza, nessuno mette in discussione che nel momento in cui in Spider-Man 2 (2004) cominciava ad attraversare New York di tela in tela si provava una libertà di movimento fino ad allora inedita che da sola giustificava l’esistenza del gioco; tuttavia, penso che sia altrettanto indiscutibile che la differenza tra quest’ultimo e Web Of Shadows – che migliora pressoché ogni aspetto del capitolo precedente – sia la stessa che passa tra GTA III e San Andreas. Forse il primo è più importante sotto il profilo dell’innovazione, ma giocarci oggi è un’agonia, mentre il secondo sa ancora regalare momenti di gloria.

Al di là dei paragoni, WoS ha dalla sua non solo un semplice miglioramento delle meccaniche di navigazione, di combattimento e, naturalmente, del comparto audiovisivo, bensì anche una trama che nella sua banalità di fondo (i simbionti paiono essere la minaccia-jolly dell’universo dell’Uomo Ragno, perlomeno agli occhi di un profano come il sottoscritto) ha il coraggio di offrire delle scelte morali che portano a uno di quattro possibili finali. Considerato che i titoli successivi hanno, a seconda dei casi, abbandonato l’approccio open world oppure si sono ispirati – per usare un eufemismo – alla serie dei Batman: Arkham, personalmente considero tutt’ora Web of Shadows la migliore incarnazione poligonale di Peter Parker.

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Batman: Arkham Asylum (Rocksteady – PlayStation 3/Xbox 360/PC/Mac – 2009)

Parlando di “migliori”, è giunto il momento di citare l’indiscutibile capolavoro del sottogenere dei supereroi: Arkham Asylum. Da solo, il titolo Rocksteady non solo ha ridato dignità all’intera categoria – tradizionalmente considerata una discarica di prodotti sviluppati in fretta e furia – ma ha anche coniato un nuovo linguaggio per i combattimenti corpo-a-corpo, basati su un sistema di combo estremamente reattivo e spettacolare, che dal 2010 in poi è stato imitato e riproposto in tutti i giochi dove fosse previsto il pestaggio dei nemici (finora solo in due hanno raggiunto l’eccellenza delle opere Rocksteady: Shadow of Mordor e Mad Max).

Ora: va detto che molti ad Asylum preferiscono l’open world di Arkham City, il sequel del 2011 in cui è possibile esplorare larga parte di Gotham. Personalmente, tuttavia, reputo superiore la struttura metroidvaniesca del predecessore, dato che grazie a essa il mondo di gioco risulta più interessante, il level design più dettagliato e la progressione più coerente con la trama. In concreto, si inizia la partita con un Batman privo dei suoi gadget, relativamente debole e a cui è precluso l’accesso in determinate zone dell’Asylum, ma man mano che si prosegue la situazione cambia e quando si giunge allo scontro finale con Joker (quello sì del tutto deludente) si è “cresciuti” in potenza e capacità, il tutto secondo un ritmo di gioco perfetto che fa impallidire quelli dei titoli successivi.

Elencare nel dettaglio tutti i motivi che rendono Arkham Asylum il miglior gioco in assoluto tra tutti quelli basati sui supereroi non ha senso: casomai c’è solo da sperare che prima o poi qualcuno ne curi il remaster, così da farci scordare la cocente delusione che è stata il recente Arkham Knight.

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Fuori categoria: Marvel Ultimate Alliance 2 (Vicarious Visions – PlayStation 3/Xbox 360/Wii/PSP – 2009) e Lego Marvel Super Heroes (Traveller’s Tales – ogni console immaginabile – 2013)

Ad accomunare questi due titoli c’è una cosa: la necessità di essere fan dei personaggi. In entrambi i casi, infatti, si ha a disposizione un cospicuo roster di supereroi (34 nel primo, addirittura 155 nel secondo), ciascuno con i rispettivi superpoteri e caratteristiche; nel concreto, il gameplay però non varia di che tanto, perciò l’unico motivo reale per cui preferire Iron Man a Cyclops si riduce a preferenze personali. E io, essendone privo, sono rimasto del tutto indifferente sia in un caso, sia nell’altro.

Ciò detto, Ultimate Alliance 2 è un action-RPG piuttosto semplificato il cui pregio maggiore – personaggi esclusi – va ricercato nel multiplayer e nell’essere l’evoluzione più interessante di quelli che erano i classici beat’em up a scorrimento à la Double Dragon, Streets Of Rage o, restando nell’alveo supereroistico, Batman Returns per SNES; la trama intreccia i filoni narrativi della Secret War e della Civil War e pertanto il rischio di spoiler dell’ultimo film è dietro l’angolo, ma se avete uno o più amici e un pomeriggio libero potrebbe essere un piacevole passatempo.

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Quanto a Lego Marvel Super Heroes, confesso di averci giocato sì e no venti minuti in quanto fuori target sia per questioni di interessi che di età. Da quello che ho potuto vedere si tratta di un titolo pensato per i più giovani, ma che grazie a tonnellate di fan service (e all’umorismo tipico dei giochi Lego) può risultare appetibile anche ad adulti. Pertanto, se avete uno o più figli e un pomeriggio libero, anche questo potrebbe rivelarsi un buon passatempo.

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Bonus musicale: The Last Emperor, Secret Wars, white label 1996
Costanzo Colombo Reiser
Costanzo Colombo Reiser è nato a Milano nel 1981. Di professione grafico, nei tempi morti preferisce scrivere di musica, politica o altro. Ha scritto per Il Mucchio, L'Ultimo Uomo, Rivista Studio e L'Uomo Vogue, ed è caporedattore area gaming di Prismo.

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