Carico...

Papa Pio XIII ha 47 anni, un potere enorme e non crede nelle mezze misure. Proprio come Paolo Sorrentino, al suo esordio nella narrativa seriale.


Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

La domanda importante da farsi è: ma è possibile parlare di The Young Pope senza per forza di cose fare i conti con l’ingombrante nome di Paolo Sorrentino? È possibile lasciarsi alle spalle le interminabili ed estenuanti discussioni da bar che hanno accompagnato il passaggio televisivo de La Grande Bellezza? Sì, avete ragione, forse più che “da bar” è meglio “discussioni da stadio”. Sorrentino, come pochi altri registi al mondo, ha infatti i suoi ultras, quelli che saranno con lui fino alla fine, anche se un giorno dovesse finire in serie B. Conseguentemente però, ci sono anche quelli che lo aspettano all’autogrill per lanciargli le pietre.

Sorrentino, fortunatamente, non lascia indifferenti. Figuriamoci ora poi che si presenta sui nostri piccolo schermi, in compagnia di nomi roboanti come quelli di Jude Law e Diane Keaton, per una serie che sul biglietto da visita ha scritto a caratteri cubitali “House of Cards col Papa al posto del Presidente degli Stati Uniti”, prodotta da Sky, Canal + e HBO. Sì, la HBO: quella di The Wire, Curb Your Enthusiasm, True Detective. E mi sembra già di sentire il Geometra Calboni davanti alla macchinetta del caffè: “Lo odio. C’ha tutte le fortune!”. Ma come sappiamo, per un Calboni che lo odia, che lo considera un raccomandato, uno che ha vinto l‘Oscar perché “ha fatto vedere Roma agli americani come la vogliono vedere loro”, c’è tutta un’altra parte di pubblico che non vede l’ora di gioire e di esaltarsi.

Ricominciamo. La domanda importante da farsi è: ma è giusto parlare di The Young Pope sforzandosi di dimenticare tutto quello che è e che ha fatto fino ad oggi Paolo Sorrentino? È giusto sedersi sul divano pronti a guardare le prime due puntate tentando di dimenticare il percorso di uno dei registi più importanti della nostra storia cinematografica recente, ora che è arrivato alla realizzazione di un prodotto dalle potenzialità così alte? Proprio ora che le serie televisive stanno mutando (ancora una volta) forma? Adesso che la loro trasformazione in film dalla durata mastodontica di più di dieci ore, in cui il regista è più importante dello showrunner, è finalmente completa? Ovviamente no. La visione di The Young Pope, ancora sulla carta, si presenta dunque come una tra le più difficili e impegnative del momento: bisogna mantenere equilibrio e lucidità, moderare i facili entusiasmi o gli altrettanto comodi odi. Bisogna essere maestri di diplomazia. Esattamente l’opposto del protagonista della serie Lenny Belardo. O se preferite Papa Pio XIII.

La prima sequenza di The Young Pope mette subito le cose in chiaro: una sequenza onirica in cui un neonato gattona su una piramide di bambole da cui esce, verrebbe da dire “rinasce”, il papa interpretato da Jude Law. Sbuca in una Piazza San Marco deserta, esattamente dove il Michael Caine di Youth – La Giovinezza incontrava per la prima volta Miss Universo, la bella Madalina Ghenea. Un segno di continuità forte, che prosegue poi con una serie di rallentì e inquadrature pittoriche ambientate in Vaticano che sembrano provenire da La Grande Bellezza. E già qui, scusate se insisto, siamo di fronte a un primo importante bivio: in quanti secondo voi hanno deciso al terzo minuto se continuare con la visione di The Young Pope? Secondo me in tanti. Ed è proprio quello che voleva il suo creatore. Dare un’impronta forte e personale a una serie televisiva. Far capire chi c’è dietro la macchina da presa.

Il sogno procede e arriviamo alla prima omelia del nuovo pontefice. Piazza San Pietro gremita di fedeli che si stringono sotto la pioggia, sotto i loro ombrelli neri. Il papa arriva sul balcone papale, si gode l’applauso del pubblico come fosse il leader di una rock band (o il vero papa Pio XII nel quartiere San Lorenzo a Roma, il 20 luglio 1943), riuscendo addirittura a far smettere miracolosamente di piovere. Poi si getta in un discorso profondamente e violentemente rivoluzionario: elogio della masturbazione, dei metodi contraccettivi, apertura verso i matrimoni per i preti, la possibilità per le suore di celebrare la messa… Uno schiaffo in faccia alla Chiesa, alla sua Storia, al Potere. Uno schiaffo alla scelta del suo nome, di quel Pio che ha sempre significato un approccio reazionario al papato. Una spallata a quel Potere invadente impersonificato dal Cardinal Voiello, uno straordinario Silvio Orlando, che senza mezzi termini rivela a Pio XIII l’orribile verità: il vero papa è lui. Lui che da anni, senza mai apparire sotto la luce dei riflettori, muove tutti come un burattinaio.

Ecco quindi di cosa parla The Young Pope. È una serie che mette in scena da una parte, quella più immediata e “televisiva”, gli intrighi di potere tra le alte sfere del Vaticano. La parte più House of Cards, se volete. Il Camerlengo che tenta di diventare amico del nuovo papa solo per  poterlo poi comandare a proprio piacimento. Il papa che intuisce tutto questo e che sfugge e rilancia, portando acqua al suo mulino scegliendo come sua seconda Suor Mary (Diane Keaton), una donna che l’ha cresciuto dopo l’abbandono da parte dei genitori. Oltre a tutto questo, preti confessori che verranno meno al sigillo sacramentale alla prima occasione buona, antichi nemici, vecchi amici, indicibili segreti, rancori ed alleanze. Tutto già visto, certo. Anche se mai nel complesso ed inattaccabile mondo della Chiesa moderna. L’altra faccia della medaglia, quella forse più interessante e sorrentiniana, è invece il ritratto di un Uomo.

Facile vedere in Jude Law, Larry Belardo, Pio XIII, l’alter ego del regista e sceneggiatore. Un uomo di 47 anni proprio come Sorrentino, investito in giovane età da un potere infinito e unico, che ha rincorso per tutta la sua esistenza ma di cui ha giustificatamente paura. Pio XIII è un papa “all’antica”, reazionario, che quando sogna però, sogna di fare il contrario di quello che dovrebbe. Imprevedibile e mosso da un’aspirazione forse fin troppo grande, procede senza esitazione per la sua strada, inseguendo un suo piano (forse diabolico) che solo lui conosce. Per fare questo non ha paura di andare contro tutto e tutti, attirandosi l’odio non solo dei suoi nemici ma anche di chi è disposto ad aiutarlo. Il momento cruciale di questi primi due episodi, quello in cui forse si cominciano a intravedere i confini di questo interrogativo travestito da papa, è quando ci spiega l’importanza dell’assenza. Quando – citando con spocchia ed arroganza Salinger, i Daft Punk o Mina – spiega alla sua responsabile del marketing e della comunicazione che “lo si nota di più se non viene, alla festa”.

The Young Pope è la somma di queste due anime: quella più spettacolare e seriale, che vuole farci scoprire il torbido e l’inganno dove non sarebbe lecito aspettarselo, e quella più intima e personale, che vuole raccontare un Uomo (rappresentante di un Dio in cui lui stesso non crede) che vorrebbe essere perfetto e intoccabile ma che è evidentemente debole e insicuro. E il risultato finale qual è? Forse è ancora troppo presto per giudicare – due puntate su dieci sono obiettivamente poche – ma l’impressione è quella di uno scollamento piuttosto evidente tra queste due parti. Se la mano del regista appare sicura ed estremamente riconoscibile – anche attraverso i suoi più famosi difetti – quando decide di volare alto e parlare del rapporto tra Uomo e Dio, tra Storia e Religione, la si nota lievemente più impacciata quando si trova a dover gestire meccanismi narrativi più semplici e legati alla serialità. Detto in un altro modo: The Young Pope è una sfida esaltante perché Sorrentino è un regista che mano a mano che ha affinato il suo modo personalissimo di fare cinema, s’è sempre più distaccato da una narrazione semplice e lineare. Qui invece molto probabilmente sarà proprio costretto a farci i conti. Dovrà andare incontro alle aspettative di spettatori assuefatti da Game of Thrones e Breaking Bad, che in una serie televisiva non vogliono solo cogliere i prodigi della (potentissima) messa in scena del suo creatore, ma anche adagiarsi e farsi cullare da meccanismi tipici delle serie televisive. Un po’ come sognare di fare un discorso rivoluzionario, per poi trovarsi ad essere una silhouette profondamente tradizionalista.

Se ti è piaciuto questo articolo guarda The Young Pope su NOW TV.

Federico Bernocchi
Vive a Milano dove lavora per la radio e per la televisione. Spettatore onnivoro di cinema, è tra i padri fondatori del sito i 400 Calci e collabora con Wired, Studio, Panorama e Grazia. Al momento conduce ogni giorno Canicola su Radio 2.

PRISMO è una rivista online di cultura contemporanea.
PRISMO è stata fondata ad Aprile 2015 all’interno di Alkemy Content.

 

Direttore/Fondatore: Timothy Small

Caporedattori: Cesare Alemanni, Valerio Mattioli, Pietro Minto, Costanzo Colombo Reiser

Coordinamento: Stella Succi

In redazione: Aligi Comandini, Matteo De Giuli, Francesco Farabegoli, Laura Spini

Assistente di redazione: Alessandra Castellazzi

Design Direction: Nicola Gotti

Art: Mattia Rinaudo

Sviluppatore: Gianmarco Simone

Art editor: Ratigher

Gatto: Prismo

 

Scriveteci a prismomag (at) gmail (dot) com

 

© Alkemy 2015